di Francesco D’Andria
E’ questo il momento di tornare sulle coste, con il privilegio, per noi salentini, di poter scegliere tra le spiagge di sabbia della fascia ionica e le calette all’interno della fragile roccia, a picco sul mare adriatico, sempre con un mare dai colori ineguagliabili. Spostandoci in massa o nella vana ricerca di luoghi solitari, spesso la nostra presenza è segnata dalla confusione, dal traffico, dall’inquinamento acustico e dallo scandalo della sporcizia abbandonata sulle spiagge. Non ci rendiamo conto che, lungo questa sottile linea tra mare e terra, tutto ci parla della nostra storia: dalle “torri saracene” alle città murate a guardia di feroci invasori, ai tagli di antiche cave, sugli scogli corrosi dalle onde, ai cocci fluitati dalla risacca che avevano attratto la mia curiosità nel tempo dell’adolescenza a Taranto, quando si andava, con le comitive di amici, a fare il bagno a Saturo. Solo dopo, leggendo gli scrittori antichi, avevo capito che, lungo quelle coste, correvano racconti che legano il Salento alla “Madre di tutte le storie”, quella narrata da Omero otto secoli prima di Cristo, che, ancora oggi, riesce ad emozionarci con le vicende di eroi come Achille, Ettore e Diomede e con le drammatiche figure di Priamo e di Ecuba. Non c’è spiaggia del Salento che non conservi memoria di queste presenze: qui dobbiamo immaginare navi portate a secco sulla sabbia da uomini capaci di trasmettere miti e racconti, scambiando con le popolazioni locali notizie su altri mondi e creando nuove culture. E poi, nella fascia marina che corre lungo le coste salentine, i relitti delle navi greche e romane che non erano riuscite a toccar terra, vere capsule del tempo, con il loro carico di tesori, che il mare continua a restituire.