di Rosario Coluccia
Un ideale breviario della comunicazione inclusiva mette ai primi posti l’uso di parole in grado di costruire relazioni fondate sui buoni rapporti e sull’empatia. Con formule di vario genere: di ammirazione («come è bella la tua giacca!»); di approvazione («mi è piaciuto molto il tuo articolo»); che sottolineano l’appartenenza a un medesimo gruppo («anni fa abbiamo frequentato la stessa università»); che limitano il rischio di possibili disaccordi («forse potremmo fare così») o cercano di stabilire un terreno comune («io e te sulla droga la pensiamo allo stesso modo») o attenuano il carattere personale di un’affermazione («guarda che la mia è solo un’opinione»); valutazioni iperboliche, cercando condivisione («non ti pare un film straordinario?»); toni accattivanti («che ne dici, prendiamo un aperitivo?»).
Al medesimo scopo risponde l’uso mirato di alcuni tempi verbali. Se diciamo: «si è fatto tardi, “andrei” via» o «“prenderei” un caffè» invece di «si è fatto tardi, “vado” via» o «“prendo” un caffè» i condizionali “andrei” e “prenderei” (in sostituzione degli indicativi “vado” e “prendo”) lasciano aperta (sia pure in via ipotetica) la possibilità di condivisione delle scelte, non si traducono in affermazioni, troppo nette per chi le sente, lontane dai toni sommessi tipici della affabilità. Alle stesse finalità attenuative rispondono altri usi del condizionale. Se diciamo «“vorrei” sapere quanto costa questa giacca» o «“dovrei” ritenere questa una proposta ultimativa?» i condizionali “vorrei” (in luogo di “voglio”) e “dovrei” (in luogo di “devo” o, più recisamente, “ritengo”, con l’affermazione che sostituisce l’interrogazione) intendiamo formulare il nostro pensiero in maniera non perentoria, in modo da suscitare la disponibilità dell’interlocutore a stabilire punti di incontro e non di conflitto. Anche il cosiddetto condizionale epistemico («comportamenti irresponsabili “potrebbero” generare, purtroppo, le condizioni per una seconda ondata della pandemia») non comunica in maniera drastica un’opinione o una sentenza senza appello, ma indica la volontà di ricercare un accordo con chi, eventualmente, abbia idee diverse.