di Cosimo Scarcella
Non c’è società umana, organizzata civilmente e strutturata politicamente in un ben definito ordine giuridico, che non contempli il legittimo detentore della sovranità, riconosciuto e condiviso da tutti i cittadini. Anche nelle società organizzate e governate secondo la forma democratica, quindi, c’è il titolare della sovranità; ed è il démos, cioè il “popolo”, che, in quanto sovrano, non riconosce nulla e nessuno superiore a sé, a meno che non venga derubato e svuotato del suo potere. Ma chi è il popolo in una democrazia? Non certo quello di uno stato retto da una monarchia, in cui è costituito da sudditi devoti al re; o da una plutocrazia, in cui è costituito da consumatori al servizio del mercato; o da una oligarchia, in cui è costituito da anonimi individui divenuti muto gregge al seguito del padrone; o da una partitocrazia, in cui è costituito da miliziani scelti al servizio del leader.
Chi è, allora, il popolo d’una democrazia? Lungi dal porsi solamente come una moltitudine indistinta d’individui coabitanti nello stesso luogo, esso è un insieme di persone, tutte di pari dignità, unite tra di loro – con l’obiettivo finale di perseguire, accrescere e fruire del maggior bene comune possibile – da un rapporto di collaborazione costruttiva e strutturata in un complesso di tradizioni, consuetudini e norme, divenuto col tempo fonte e fondamento d’una propria Costituzione Nazionale. Infatti, in uno dei Principi Fondamentali, sui quali si regge tutto l’articolato della Costituzione della Repubblica Democratica Italiana, si proclama solennemente che il popolo italiano è la totalità dei cittadini, i quali “Hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” (art. 3). A ben riflettere, quindi, un Paese che voglia ritenersi, vivere e agire da “Paese Democratico” – come cittadinanza e come insieme ordinato di istituzioni statuali – si fonda preliminarmente e opera sostanzialmente nell’ottica d’una propria specifica visione generale del mondo, dell’uomo e delle loro storie. Pertanto, la democrazia di per sé non è semplicemente una tra le tante forme di governo, bensì prima di tutto ed essenzialmente una grande idea regolativa sia antropologica sia cosmologica, in quanto presuppone e si nutre d’una visione generale della realtà, nella quale non ci sono diversità e gradualità di valori, ma solo molteplicità e varietà di funzioni, tutte da rispettare e onorare secondo i principi di proporzionalità e necessarietà: in questa prospettiva di democrazia non esistono un centro e delle periferie economico-sociali-culturali, ma ogni singola realtà è contemporaneamente centro e periferia d’un’unica totalità multicentrica.