***
Cortigiani
Infesta la terra, la dannata genia dei cortigiani
che sia la necessità oppure l’ozio mortale
è una nefanda colluvie di servi, eunuchi e baggiani
sono disposti a tutto per il loro benefattore
sperando di ottenere il massimo vantaggio
simili a pecore che seguono il cane pastore
Come nella Roma di Marziale, per la sportula del signore
sarebbero capaci di attraversare a piedi la città
sono adulatori, cretini senza slanci del cuore
Più curva è la schiena e prono il deretano
quanto maggiori i profitti dell’utile servaggio
e li vedi sperticarsi in inchini e baciamano
Intendenti, portaborse, smaccata è la loro riverenza
A pro del Mecenate, si butterebbero anche nel fuoco
Cavalier serventi, lacchè, fino a sfiorare l’indecenza
Vale per loro il motto “Franza o Spagna purché se magna”
ma se gli fai notare l’abietta condizione di
leccapiedi
allora hanno pronta la giustificazione: “tengo
famiglia!”.
Del costume degli Italiani
Dove si manifesta il potere, là si manifesta anche
l’ambizione del cortigiano. Margite è un cortigiano e il Satirico lo
perseguita, come ha sempre fatto sin dai tempi antichi. In questo caso,
Marziale e Giovenale docent. Viene evocata la sportula, la borsa,
che il cliens portava con sé durante la salutatio matutina presso
il suo patronus. Chi sono i
cortigiani moderni e chi i moderni Mecenate? Il Satirico non lo dice
espressamente, ma ognuno di noi ha in mente un amico, un conoscente, un
parente, chissà, forse anche sé stesso, in qualche circostanza nella quale non
ha esitato a fare una “riverenza” al potente di turno, sperando di riceverne il
favore. Leo Longanesi, cui si deve il detto finale della poesia (“tengo famiglia!”), è qui
citato come conoscitore e critico dei costumi degli italiani, che non variano
da quando Francesi e Spagnoli non sono più i nostri padroni, essendone
subentrarti altri al loro posto.
***
Regalo
di Natale
Puntuale esce
il libro del parlamentare
ci mancava
anche il pentito di mafia
ed ecco che
il suo libro mi vedo regalare
Poi c’è il
cuoco, il caso umano e l’industriale
il cantante,
l’influencer, l’escort d’alto bordo
ci si mettono
tutti a rovinarmi il Natale
quello che ha
trucidato i genitori, il boia
quell’altra
che ha ucciso il figlioletto
e pure i due
stilisti fru fru, che noia!
Amici, vi
darò tutto, quello che a voi piace
se promettete
di non regalarmi certa robaccia
e mi terrete
al riparo da questa peste mordace
Letteratura natalizia
Il Natale è infestato
dall’eccesso di produzione e offerta libraria dell’industria editoriale. Gli
amici, fasulli secondo la definizione presente in Dedica, si affrettano
a fare regali altrettanto fasulli al Satirico, perché così vuole l’uso
consumistico che caratterizza la festa del povero Bambinello! Ma c’è il
politico, il pentito di mafia, il cuoco, ecc. che chiedono udienza al lettore,
senza sapere che questi farebbe volentieri a meno dei loro racconti. La poesia,
questa poesia, serve al poeta per scrollarsi di dosso tutta questa letteratura
e mettere in guardia gli amici dal veicolarla impunemente.
***
Contingenze
Vorresti senza dolore, alcuna paura né ubbia
prendere dal giorno tutto quello che viene
e a sera, gaglioffo di taverna, darti alla follia
Ameresti in ludici ristori menare le giornate
senza che ti travi ansia o pensiero del domani
come le cicale, che cantano tutta l’estate
Ti piacerebbe avvinazzarti, abboffarti, star male
inebriarti di quei piaceri che durano poco
e farlo senza consapevolezza dell’ora fatale
Invece sei qui, schiavo delle regole e dello Stato
accorto e prudente, paghi le tasse, non fumi, non bevi,
insomma, per poter morire sano, vivi da malato
Il pusillanime
Protagonista è sempre
Margite, questo buono a nulla che il Satirico bastona senza risparmio. Qui, in
particolare, egli assume le sembianze di un uomo come tanti, potrebbe essere il
poeta stesso, potrebbe essere il suo commentatore, l’uomo qualunque schiacciato
dalle contingenze, ovvero gli adempimenti, le bollette, le responsabilità,
insomma da una quotidianità, che impedisce di vivere come si vorrebbe. Questi è
anche un po’ pusillanime, perché, pur sentendone il richiamo, mette da parte il
principio di piacere, per paura di trasgredire, in ossequio alle regole della
morale dominante, della società che vuol fare di lui il perfetto cittadino. Ma
il Satirico dice che il perfetto cittadino vive “da malato” e paradossalmente
“muore sano”, come un triste travet, senza mai aver sperimentato la gioia
del bere e del mangiare, la gioia del simposio antico, che legittimava
l’ebbrezza come momento rigenerativo della vita. Margite vi ha rinunciato per
sempre. Peggio per lui!
Saturae III
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Cortigiani
Infesta la terra, la dannata genia dei cortigiani
che sia la necessità oppure l’ozio mortale
è una nefanda colluvie di servi, eunuchi e baggiani
sono disposti a tutto per il loro benefattore
sperando di ottenere il massimo vantaggio
simili a pecore che seguono il cane pastore
Come nella Roma di Marziale, per la sportula del signore
sarebbero capaci di attraversare a piedi la città
sono adulatori, cretini senza slanci del cuore
Più curva è la schiena e prono il deretano
quanto maggiori i profitti dell’utile servaggio
e li vedi sperticarsi in inchini e baciamano
Intendenti, portaborse, smaccata è la loro riverenza
A pro del Mecenate, si butterebbero anche nel fuoco
Cavalier serventi, lacchè, fino a sfiorare l’indecenza
Vale per loro il motto “Franza o Spagna purché se magna”
ma se gli fai notare l’abietta condizione di leccapiedi
allora hanno pronta la giustificazione: “tengo famiglia!”.
Del costume degli Italiani
Dove si manifesta il potere, là si manifesta anche l’ambizione del cortigiano. Margite è un cortigiano e il Satirico lo perseguita, come ha sempre fatto sin dai tempi antichi. In questo caso, Marziale e Giovenale docent. Viene evocata la sportula, la borsa, che il cliens portava con sé durante la salutatio matutina presso il suo patronus. Chi sono i cortigiani moderni e chi i moderni Mecenate? Il Satirico non lo dice espressamente, ma ognuno di noi ha in mente un amico, un conoscente, un parente, chissà, forse anche sé stesso, in qualche circostanza nella quale non ha esitato a fare una “riverenza” al potente di turno, sperando di riceverne il favore. Leo Longanesi, cui si deve il detto finale della poesia (“tengo famiglia!”), è qui citato come conoscitore e critico dei costumi degli italiani, che non variano da quando Francesi e Spagnoli non sono più i nostri padroni, essendone subentrarti altri al loro posto.
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Regalo di Natale
Puntuale esce il libro del parlamentare
ci mancava anche il pentito di mafia
ed ecco che il suo libro mi vedo regalare
Poi c’è il cuoco, il caso umano e l’industriale
il cantante, l’influencer, l’escort d’alto bordo
ci si mettono tutti a rovinarmi il Natale
quello che ha trucidato i genitori, il boia
quell’altra che ha ucciso il figlioletto
e pure i due stilisti fru fru, che noia!
Amici, vi darò tutto, quello che a voi piace
se promettete di non regalarmi certa robaccia
e mi terrete al riparo da questa peste mordace
Letteratura natalizia
Il Natale è infestato dall’eccesso di produzione e offerta libraria dell’industria editoriale. Gli amici, fasulli secondo la definizione presente in Dedica, si affrettano a fare regali altrettanto fasulli al Satirico, perché così vuole l’uso consumistico che caratterizza la festa del povero Bambinello! Ma c’è il politico, il pentito di mafia, il cuoco, ecc. che chiedono udienza al lettore, senza sapere che questi farebbe volentieri a meno dei loro racconti. La poesia, questa poesia, serve al poeta per scrollarsi di dosso tutta questa letteratura e mettere in guardia gli amici dal veicolarla impunemente.
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Contingenze
Vorresti senza dolore, alcuna paura né ubbia
prendere dal giorno tutto quello che viene
e a sera, gaglioffo di taverna, darti alla follia
Ameresti in ludici ristori menare le giornate
senza che ti travi ansia o pensiero del domani
come le cicale, che cantano tutta l’estate
Ti piacerebbe avvinazzarti, abboffarti, star male
inebriarti di quei piaceri che durano poco
e farlo senza consapevolezza dell’ora fatale
Invece sei qui, schiavo delle regole e dello Stato
accorto e prudente, paghi le tasse, non fumi, non bevi,
insomma, per poter morire sano, vivi da malato
Il pusillanime
Protagonista è sempre Margite, questo buono a nulla che il Satirico bastona senza risparmio. Qui, in particolare, egli assume le sembianze di un uomo come tanti, potrebbe essere il poeta stesso, potrebbe essere il suo commentatore, l’uomo qualunque schiacciato dalle contingenze, ovvero gli adempimenti, le bollette, le responsabilità, insomma da una quotidianità, che impedisce di vivere come si vorrebbe. Questi è anche un po’ pusillanime, perché, pur sentendone il richiamo, mette da parte il principio di piacere, per paura di trasgredire, in ossequio alle regole della morale dominante, della società che vuol fare di lui il perfetto cittadino. Ma il Satirico dice che il perfetto cittadino vive “da malato” e paradossalmente “muore sano”, come un triste travet, senza mai aver sperimentato la gioia del bere e del mangiare, la gioia del simposio antico, che legittimava l’ebbrezza come momento rigenerativo della vita. Margite vi ha rinunciato per sempre. Peggio per lui!