Saturae III

***

Cortigiani

Infesta la terra, la dannata genia dei cortigiani

che sia la necessità oppure l’ozio mortale

è una nefanda colluvie di servi, eunuchi e baggiani

sono disposti a tutto per il loro benefattore

sperando di ottenere il massimo vantaggio

simili a pecore che seguono il cane pastore

Come nella Roma di Marziale, per la sportula del signore

sarebbero capaci di attraversare a piedi la città

sono adulatori, cretini senza slanci del cuore 

Più curva è la schiena e prono il deretano

quanto maggiori i profitti dell’utile servaggio 

e li vedi sperticarsi in inchini e baciamano 

Intendenti, portaborse, smaccata è la loro riverenza 

A pro del Mecenate, si butterebbero anche nel fuoco

Cavalier serventi, lacchè, fino a sfiorare l’indecenza 

Vale per loro il motto “Franza o Spagna purché se magna”

ma se gli fai notare l’abietta condizione di leccapiedi 

allora hanno pronta la giustificazione: “tengo famiglia!”.

Del costume degli Italiani

Dove si manifesta il potere, là si manifesta anche l’ambizione del cortigiano. Margite è un cortigiano e il Satirico lo perseguita, come ha sempre fatto sin dai tempi antichi. In questo caso, Marziale e Giovenale docent. Viene evocata la sportula, la borsa, che il cliens portava con sé durante la salutatio matutina presso il suo patronus.  Chi sono i cortigiani moderni e chi i moderni Mecenate? Il Satirico non lo dice espressamente, ma ognuno di noi ha in mente un amico, un conoscente, un parente, chissà, forse anche sé stesso, in qualche circostanza nella quale non ha esitato a fare una “riverenza” al potente di turno, sperando di riceverne il favore. Leo Longanesi, cui si deve il detto finale della poesia (“tengo famiglia!”), è qui citato come conoscitore e critico dei costumi degli italiani, che non variano da quando Francesi e Spagnoli non sono più i nostri padroni, essendone subentrarti altri al loro posto.

***

Regalo di Natale

Puntuale esce il libro del parlamentare

ci mancava anche il pentito di mafia

ed ecco che il suo libro mi vedo regalare

Poi c’è il cuoco, il caso umano e l’industriale

il cantante, l’influencer, l’escort d’alto bordo

ci si mettono tutti a rovinarmi il Natale

quello che ha trucidato i genitori, il boia

quell’altra che ha ucciso il figlioletto

e pure i due stilisti fru fru, che noia!

Amici, vi darò tutto, quello che a voi piace

se promettete di non regalarmi certa robaccia

e mi terrete al riparo da questa peste mordace

Letteratura natalizia

Il Natale è infestato dall’eccesso di produzione e offerta libraria dell’industria editoriale. Gli amici, fasulli secondo la definizione presente in Dedica, si affrettano a fare regali altrettanto fasulli al Satirico, perché così vuole l’uso consumistico che caratterizza la festa del povero Bambinello! Ma c’è il politico, il pentito di mafia, il cuoco, ecc. che chiedono udienza al lettore, senza sapere che questi farebbe volentieri a meno dei loro racconti. La poesia, questa poesia, serve al poeta per scrollarsi di dosso tutta questa letteratura e mettere in guardia gli amici dal veicolarla impunemente.

***

Contingenze

Vorresti senza dolore, alcuna paura né ubbia

prendere dal giorno tutto quello che viene

e a sera, gaglioffo di taverna, darti alla follia

Ameresti in ludici ristori menare le giornate

senza che ti travi ansia o pensiero del domani

come le cicale, che cantano tutta l’estate

Ti piacerebbe avvinazzarti, abboffarti, star male

inebriarti di quei piaceri che durano poco

e farlo senza consapevolezza dell’ora fatale

Invece sei qui, schiavo delle regole e dello Stato

accorto e prudente, paghi le tasse, non fumi, non bevi,

insomma, per poter morire sano, vivi da malato

Il pusillanime

Protagonista è sempre Margite, questo buono a nulla che il Satirico bastona senza risparmio. Qui, in particolare, egli assume le sembianze di un uomo come tanti, potrebbe essere il poeta stesso, potrebbe essere il suo commentatore, l’uomo qualunque schiacciato dalle contingenze, ovvero gli adempimenti, le bollette, le responsabilità, insomma da una quotidianità, che impedisce di vivere come si vorrebbe. Questi è anche un po’ pusillanime, perché, pur sentendone il richiamo, mette da parte il principio di piacere, per paura di trasgredire, in ossequio alle regole della morale dominante, della società che vuol fare di lui il perfetto cittadino. Ma il Satirico dice che il perfetto cittadino vive “da malato” e paradossalmente “muore sano”, come un triste travet, senza mai aver sperimentato la gioia del bere e del mangiare, la gioia del simposio antico, che legittimava l’ebbrezza come momento rigenerativo della vita. Margite vi ha rinunciato per sempre. Peggio per lui!

Questa voce è stata pubblicata in Poesia, Saturae. Poesie di Paolo Vincenti commentate da Gianluca Virgilio e contrassegnata con , . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *