Atmosfere postunitarie

Al di là degli interessi diversi e immediati di ciascun lettore o studioso, il lavoro compositivo del Morciano, che si avvale delle più autorevoli fonti letterarie, offre un quadro postunitario sul più spinoso problema che ebbe ad affrontare l’Italia unita, pari solo per la sua portata divisiva al cosiddetto brigantaggio nel Mezzogiorno: il conflitto interiore, di coscienza come fu detto, del clero e degli italiani, posti di fronte ad una realtà che vedeva il papa Pio IX contro il re d’Italia Vittorio Emanuele II. Conflitto che lacerò la Chiesa e la popolazione, dentro e fuori. Da una parte i sacerdoti e i cittadini fedeli al credo religioso cattolico e leali al nuovo Stato, perciò detti conciliaristi, dall’altra i cosiddetti temporalisti intransigenti contrari all’ “usurpazione” del territorio della Chiesa da parte dello Stato. Una situazione che si sarebbe protratta fino al 1929, quando furono firmati i Patti Lateranensi. Una situazione all’epoca pericolosa per il giovane Stato unitario perché nel Lombardo si poteva nascondere dietro il dato religioso qualche rivendicazione politica filoasburgica, come nel Sud, dietro le condizioni socioeconomiche del brigantaggio, poteva esserci e ci fu la rivendicazione borbonica. Nell’un caso e nell’altro l’appena compiutosi Regno d’Italia correva rischi di disgregazione.

I nostri due “protagonisti”, Biraghi e Pisanelli, erano sulla stessa lunghezza d’onda patriottica, sia pure in condizioni d’animo e ruoli istituzionali diversi. Biraghi, dopo una fiammata di patriottismo che lo aveva portato a distinguersi nelle Cinque giornate di Milano nel 1848, si era poi ripiegato sui doveri sacerdotali. Pisanelli aveva combattuto i Borbone senza mai eccedere in atteggiamenti estremistici. Entrambi, per il loro impegno, erano andati incontro ad ingiuste accuse e a pesanti conseguenze. Il loro patriottismo, ampiamente argomentato dall’Autore, contribuì non poco a tenere il confronto entro termini attendistici, sfidando quanti invece, per il loro radicalismo, spingevano a conseguenze traumatiche.

Proprio un attacco al ministro Pisanelli da parte di un anonimo libello, Una filippica al signor Pisanelli Ministro di Grazia, Giustizia e Culto (Milano, 1863), peraltro alla base motivazionale del libro, come spiega l’Autore nella Postfazione, dimostra quanto livore ci fosse fra le parti, mai contente delle soluzioni adottate, nello specifico della crisi ambrosiana. A Biraghi i liberali rimproveravano il patriottismo tradito. A Pisanelli le critiche arrivavano da più parti. La Civiltà Cattolica lo attaccava usando anche espressioni dure e offensive, mentre i liberali più estremisti, fautori di uno Stato laico e sovrano, lo accusavano di non essere adeguato al ruolo in quanto troppo molle e remissivo nei confronti della Chiesa e del vescovo vicario di Milano Carlo Caccia Dominioni, che seppe tener testa al Regio Prefetto di Milano Pes di Villamarina. Vero è che i due perseguivano, ognuno nel suo ambito operativo, obiettivi di modernità e di prospettiva, si preoccupavano per l’unità della Chiesa e per la tenuta dell’unità nazionale, senza tradire i propri ruoli istituzionali. Biraghi, per il suo status sacerdotale, poteva solo stare dalla parte della Chiesa ed obbedire al suo vescovo; e lo fece con moderazione. Pisanelli si muoveva nella logica cavouriana della Libera Chiesa in libero Stato e considerava exequatur e placet istituti anacronistici da abolire. Una Chiesa libera poteva nominare i suoi vescovi senza avere nessuna approvazione da parte dello Stato. Ma tutto questo presupponeva un reciproco riconoscimento, che all’epoca dei fatti era di là da venire.

Il lavoro di Ercole Morciano, mentre offre il profilo di due uomini di grande caratura culturale e politica, il Biraghi e il Pisanelli, fa pensare alla conflittualità che riguardò il clero di tutta Italia e l’intera popolazione italiana, all’indomani dell’Unità della Nazione, caratterizzandosi dappertutto con episodi di intolleranza e di violenza, ma anche di saggia accettazione e di attesa, come le varie storie locali sul periodo raccontano.

[“Presenza taurisanese” anno XXXIX – n. 9-10, Settembre-Ottobre 2021, p. 10]

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