di Cosimo Scarcella
Il cammino, che percorre la vita dei singoli e delle nazioni, è sempre determinato dagli orientamenti decisi di volta in volta dalle libere scelte degl’individui e dalle responsabili gestioni da parte dei governanti chiamati o comunque posti a guida dei popoli. Certo, non si possono svalutare e men che mai misconoscere gl’indirizzi di pensiero, che sostengono la dottrina del fatalismo o la concezione del determinismo; sembra, però, forse più consono alla dimensione razionale propria dell’uomo attribuire l’accadere degli eventi anche al libero e responsabile intervento degli uomini. Si tratterà indubbiamente d’interventi storicamente condizionati e, comunque, sempre commisurati alla facoltà volitiva dei singoli, alla capacità decisionale dei reggitori degli Stati e, non ultimo, supportati dal grado di maturità morale e di autonomia politica di ciascun popolo. Ogni tempo, pertanto, è tempo fatto di scelte alternative, tutte ugualmente legittime e possibili, ma fatte – ci si augura – con valutazione seria e prudente delle necessità reali, delle possibilità concrete di realizzazione e delle utilità ipotizzabili. Da qui la necessità d’una visione complessiva dei problemi politici, che permetta scelte in grado di garantire il destino dei popoli. E non solo dell’Occidente. Oggi, infatti, tempo della globalizzazione anche dei doveri e dei diritti, ricade su tutti la responsabilità di rinvenire e condividere una concezione antropologica ed etica, su cui edificare progetti validi di vita comunitaria, indubbiamente diversificati, ma sempre e comunque garanti e salvaguardia della dignità dell’uomo d’ogni cultura e d’ogni angolo dell’universo.
Questa esigenza non pare, però, sia avvertita da tutti e nel modo più adeguato. Si constata spesso, infatti, come da molte parti, anche da esponenti del mondo dell’economia, della politica e della stessa cultura, si faccia quasi a gara a individuare e denunciare le cause presunte dei disordini, che serpeggiano nelle varie nazioni e nei diversi settori della vita sociale; quasi sempre, tuttavia, sembra prevalere in loro la preoccupazione di valutare ed evidenziare le manifestazioni esteriori delle crisi indagate, senza almeno considerare prima di tutto le radici vere di tali sintomi. Sviati, pertanto, da questo fraintendimento, ricercano e suggeriscono come rimedio interventi di natura pragmatica, funzionali a situazioni particolari e settoriali, che toccano soprattutto il governo politico e l’equilibrio economico. Il complesso delle attività umane d’un popolo, però, non è fatto da una molteplicità di attività separate e giustapposte, ma è costituito in sistema unitario e organico, nel quale ogni attività s’accorda e si armonizza nella totalità del corpo sociale, secondo la gradualità del valore intrinseco di ciascuna. E’ questa totalità organica che nel suo insieme unitario deve tendere verso un unico sommo scopo: il bene comune. La vita d’una società, infatti, è simile a quella d’un organismo vivente, per cui il mal funzionamento d’un solo organo compromette la sanità dell’intero organismo. Nelle odierne situazioni di crisi sociali globali non è in causa il pervertimento di organi della società e di funzioni dello Stato, ma prima di tutto il deterioramento dell’intero tessuto sociale e politico, che determina e alimenta comportamenti dannosi. La diagnosi e la terapia, di conseguenza, debbono essere condotte secondo criteri di giudizio richiesti dal male da curare e non proposti e azzardati alla luce d’interpretazioni personali più o meno fondate o interessate; e debbono riguardare l’intero organismo sociale in ciò che esso contiene di più essenziale ed intimo, e non solo qualche settore più o meno evidente. E’ urgente, pertanto, ritrovare una visione culturale e politica integrale, che offra un’antropologia universale, nel senso che nessuna creatura pensante ne sia esclusa.