La bohème di Raffaele Carrieri: Fame a Montparnasse

Nel libro si seguono le peripezie dell’io narrante costantemente alla ricerca di un po’ di cibo per sfamarsi e di un posto dove dormire. Lo vediamo perciò alle prese con i lavoretti più umili e diversi che gli permettano di sbarcare il lunario, sia pure temporaneamente: fa da modello ai pittori, lo sguattero in un ristorante, lo scaricatore al mercato ortofrutticolo, il mozzo su un battello e il venditore di tappeti. Al tempo stesso, per cercare un po’ di calore, si rifugia di notte in alloggi di fortuna che sono, di volta in volta, abitazioni di amici e conoscenti, atelier di artisti, camerini di teatri, corsie di ospedali, macelli comunali, bordelli.

Durante la sua permanenza viene a contatto con numerosi personaggi che abitano in questi quartieri, accomunati, quasi tutti, dalle precarie condizioni di vita e dalle difficoltà che incontrano quotidianamente. Ne viene fuori una vivace galleria che comprende figure realmente esistite e, a volte, notissime, di artisti e letterati accanto ad altre sconosciute, frutto in parte, probabilmente, di invenzione, in un misto di realtà e finzione narrativa.

Nella seconda parte del libro, con un netto cambio di passo, l’azione si trasferisce su un battello attraccato sulla riva della Senna e in locali malfamati ed equivoci. Qui dall’esplorazione dell’ambiente bohémien dei capitoli precedenti si passa a quella dei bassifondi parigini. A prevalere adesso è il gusto dell’esotico, del sentimentale e dell’avventuroso, tipico del romanzo d’intrattenimento di quegli anni, che va a scapito della vivacità della rappresentazione che caratterizza la prima parte del libro.

Nella scrittura immaginosa di Carrieri si notano gli influssi dei movimenti d’avanguardia primonovecenteschi, dal futurismo al surrealismo all’espressionismo, come in certe descrizioni dei boulevards parigini visti da una macchina in corsa col turbinio continuo di immagini visive, uditive, olfattive che quasi si fondono tra di loro.

Talvolta, quasi in contrapposizione con le esperienze vissute nella capitale francese, affiorano nel protagonista anche ricordi della sua città, come quando, osservando il cupo passaggio delle imbarcazioni sulla Senna, «cariche di concimi chimici e di brecciame», le mette a confronto con quelle così diverse che vedeva nel luminoso golfo di Taranto. Così ripensa con un po’ di nostalgia «ad altre imbarcazioni, ai trabaccoli, alle paranze, alle golette festose del mio paese, dalle ancore fregiate di minio, dalle polene miracolose e dalle vele arancione, segnate da croci e da soli, cariche di ananas», nonché all’atmosfera gioiosa delle feste sul mar Jonio.

In ogni caso, però, malgrado le traversie di ogni genere da lui affrontate e descritte nel libro e il malessere che ogni tanto affiora, la permanenza parigina rimase una tappa fondamentale nella vita e nell’attività letteraria di Carrieri e non a caso essa figura al centro delle sue prime prove narrative e anche in altri momenti della sua produzione in prosa e in versi.

[“La Gazzetta del Mezzogiorno”, 22 marzo 2022]

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