Facciamo un po’ di storia
Premetto che l’invasione russa in Ucraina è da condannare senza “se” e senza “ma”, anche se ci sono alcune giustificazioni che hanno indotto i russi ad invadere l’Ucraina. Premetto anche che la guerra mi fa orrore, in quanto mi reputo di essere un non violento.
Partiamo da lontano.
Poco prima che terminasse la seconda guerra mondiale, le nazioni vincitrici (Usa rappresentata da Roosevelt, la Gran Bretagna da Churchill, la Russia da Stalin) s’incontrarono a Yalta dal 4 all’11 febbraio 1945 per spartirsi la torta. L’Italia fu assegnata agli Usa e poi modellata a loro immagine e somiglianza; la Germania fu divisa in quattro parti tra Gran Bretagna, Francia, Usa e Unione Sovietica. Anche la capitale Berlino seguì la stessa sorte. La Polonia, la Cecoslovacchia e l’Ungheria furono assegnate all’Urss, che in seguito provvide a fare eleggere governi filo-sovietici. Inoltre le terre slave furono unificate in una unica nazione: la Iugoslavia del presidente Tito, filo-comunista. Un’Europa frammezzata tra gli stati vincitori, tutti contenti di come era avvenuta la spartizione.
Nel tempo sappiamo bene che la Russia dovette arretrare i propri interessi e confini, consentendo ai tedeschi dell’Est di unificarsi con l’altra Germania. Pochi anni dopo toccò alla Polonia, ai paesi baltici dell’Estonia, Lituania e Lettonia. Anche la Cecoslovacchia, ad inizio di gennaio 1993, conobbe la stessa sorte benefica, dividendosi però in Repubblica Ceka e Slovacchia. Stessa cosa accadde in Ungheria e negli stati balcanici della ex-Jugoslavia. In questi ultimi, però, dopo la morte di Tito, gli eventi furono teatro di aspre lotte e guerre (con la partecipazione della Nato e Usa, cioè de “i soliti noti”), che sfociarono nella divisione del territorio slavo in sette nazioni (Slovenia, Serbia, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Montenegro, Macedonia e Kossovo).
La Russia, con il trascorrere degli anni, fu quasi costretta a concedere l’autonomia alle nazioni occupate per garantire loro una vita più democratica. Tutto ciò determinò l’arretramento dei suoi confini sempre più verso Est e sempre più vicini a Mosca. Concesse anche l’indipendenza alla Bielorussia, rimasta però fedele alla madre patria (almeno sino a questo momento e nella speranza che gli Usa non si intromettano così come hanno fatto con tanti altri stati e ultimamente con l’Ucraina nel 2014).
L’Italia rimase quella che era, cioè fortemente assoggettata agli Usa, che predisposero in più parti della penisola centri militari d’importanza strategica (113, ma c’è chi parla di oltre 120!). Concessero a noi italiani di auto-amministrarci, ma solo osservando determinate regole, al di là delle quali non era e non ci è concesso andare. Come dire che esteriormente abbiamo i connotati di Stato libero e indipendente, ma nelle parti più intime siamo asserviti allo zio Sam americano.
Veniamo al caso Ucraina
Anche l’Ucraina nel 1991 conobbe l’indipendenza, ma a condizione di rimanere neutrale, cioè di non aprirsi all’Europa occidentale (soprattutto alla Nato) e di garantire una vita democratica alle numerose genti russe presenti nell’ampio territorio ucraino, soprattutto in quello della Crimea e delle zone del sud-est, russofone per l’85%. Alla presidenza della Repubblica fu eletto (su pressione russa), Leonid Kravčuk, che riportò un buon 62% nelle elezioni presidenziali. Si precisa che a quei tempi la gente ucraina era per buona parte legata, come filosofia di vita, alla Russia.
Dal 1994 al 2014 seguirono altri presidenti, che pian piano tentarono di aprirsi all’Europa, grazie anche alle pressioni esterne degli stati occidentali, soprattutto degli Usa, che da sempre hanno alimentato, slealmente e con prepotenza, il vento della contestazione in Ucraina, Cecenia, Georgia, Bielorussia e in altre parti del mondo.
La Russia, anche per tutelarsi da un eventuale cambio di guardia dell’alta dirigenza, insistette sino a fare eleggere nel 2010 un uomo di sua fiducia, Viktor Janukovyč, il quale rimase in carica sino al 22 febbraio 2014. Ma quell’antico vento ‘americano e occidentale’ non cessava mai di turbare la vita pubblica ucraina, tanto da sfociare in una serie di episodi di estrema violenza nella capitale Kiev. Il presidente Janukovyč fu costretto a riparare in tutta fretta in Russia. I tumulti, esplosi in quasi tutta la nazione e in modo particolare nella capitale Kiev, furono considerati dal mondo occidentale un’apertura democratica, nonostante i gravi disordini e i tanti omicidi. Tutte le Tv occidentali commentarono positivamente questa insurrezione pilotata.
Gli Stati Uniti e l’UE furono, invece, accusati dai russi come gli effettivi mandanti della rivoluzione, in quanto finanziatori e sobillatori di svariati tentativi di rivolta popolare. Fu in effetti, almeno per chi scrive, un vero colpo di Stato organizzato nei minimi particolari, tant’è che da lì a pochi mesi nelle zone ucraine affacciate sul Mar Nero furono massacrati diversi ucraini di fede russa. Un caso su tanti merita di essere ricordato per l’inaudita ferocia con cui vennero giustiziati 48 operai (ma c’è chi parla addirittura di oltre 200), i quali furono rinchiusi con forza nel Casa dei Sindacati di Odessa, che fu poi data alle fiamme. I pochi uomini che riuscirono a venir fuori furono picchiati e ributtati nella fornace. Il neo-presidente Oleksandr Turčynov si scusò adducendo che le fiamme si erano sprigionate per cause diverse, forse provocate dagli stessi filo-russi. Ma diversi testimoni accusarono gli ucraini di fede occidentale di aver dato fuoco alla struttura. Sta di fatto che di quello sterminio non se ne parlò più e né si tenne mai un processo.
Negli ultimi otto anni si sono verificate nel sud-est ucraino diverse esecuzioni di massa da parte della formazione ucraina “Battaglione Azov” di stampo neo-nazista a danno di filo-russi e russofoni, tra cui vecchi, donne e bambini. Si parla di oltre 14.000 persone, ma c’è chi asserisce che siano 20.000! Nessuna lacrima è stata mai versata per queste assurde morti, perché nessuno ne ha mai parlato… Ci sono state alcune notizie filtrate nell’Occidente europeo, ma subito tacitate o ammantate da un velo di ipocrisia. Che bella democrazia!!!
In Italia la stampa e le tv spesso sono apparse refrattarie e insensibili a raccogliere e fornire notizie di certi avvenimenti; ma sono poi sempre pronte ad interpretare a modo proprio gli stessi e a porgerli in una veste diversa ai lettori e telespettatori. Aveva ben ragione Nietzsche quando asseriva che “non esistono i fatti ma solo le interpretazioni degli stessi”. Evidentemente su tutti i media esisteva ed esiste tuttora “l’ordine” di un’apertura dolce e molto debole, allorquando si presentano fatti importanti che, se raccontati nella loro pienezza, discrediterebbero di molto “il palazzo”, l’Italia e soprattutto i suoi alleati.
In seguito Putin, per difendere la stragrande maggioranza della gente filo-russa, che continuava ad essere maltrattata, vilipesa nei diritti essenziali di vita e ammazzata, invase (sbagliando) la Crimea, annettendola con atto unilaterale, dopo aver riportato in un referendum di annessione alla Russia oltre il 95% di parere favorevole.
Da quel momento in poi non si è avuta più pace in Ucraina, alla cui presidenza si sono alternati diversi personaggi di fede occidentale, soprattutto l’attuale presidente Zelenskyj, che, in barba a tutti gli accordi del 1991 di ‘non regalarsi’ all’Europa occidentale, ha di fatto aperto le porte agli investimenti stranieri, soprattutto statunitensi.
Gli accordi di Minsk (5 settembre 2014) prevedevano la concessione alla regione del Donbass di uno statuto e leggi speciali a salvaguardia della popolazione russofona. Purtroppo da Kiev hanno risposto sempre a cannonate. Ma perché il Donbass è così tanto contestato dalle due parti? Questa ricca regione (51.368 Km2 e 6.680.000 abitanti) è importante perché contribuisce con un buon 25 % a migliorare il Pil nazionale. Una specie di “Lombardia ucraina”, tutto grazie ai numerosi investimenti russi nell’ultimo ventennio, soprattutto nel settore della metallurgia. Oltretutto la maggior parte delle aziende del Donbass appartengono a imprenditori russi, i quali hanno investito diversi miliardi di rubli.
Gli interessi americani in Ucraina e nel mondo
Subito dopo la cacciata del presidente filorusso Viktor Janukovyč, s’intensificarono i rapporti economico-finanziari tra Hunter Biden, figlio dell’attuale presidente, e le alte sfere ucraine. Rapporti che si allentarono dopo l’elezione di Trump a presidente degli Usa, ma che ripresero, più forti che mai, con l’elezione di Biden padre. Infatti, dopo pochi mesi, si rinfocolarono le antiche scintille di indipendenza, fomentate dall’attuale presidente Zelenskyj, la cui campagna elettorale fu finanziata dagli americani e da Rinat Achmetov, un grosso banchiere di Odessa.
Di questa maledetta storia nessuno ha mai parlato, neanche i media, tutti o quasi tutti asserviti ai poteri forti americani. Allora vi chiedo, amici lettori, perché mai con Trump presidente non si sono avuti importanti misfatti in Ucraina? E perché con il nuovo presidente Biden ha ripreso la contestazione? La risposta sta sotto gli occhi di tutti: perché, se andasse a buon fine “l’affare ucraino”, la famiglia Biden su tutti trarrebbe grossi vantaggi economici, così come la stessa Europa se ne avvantaggerebbe grazie alla ricostruzione dell’intero paese dopo tanti disastri a seguito dell’attuale invasione russa.
Ma c’è sotto sotto un’altra motivazione che ha spinto gli Usa ad aiutare militarmente l’Ucraina con l’invio di armi e tecnici militari. Gli Usa, per chi non lo avesse ancora capito, sono una nazione belligerante per necessità. Infatti l’industria americana più importante è quella bellica, che annualmente conferisce un sostanzioso contributo al Pil statunitense. Limitando la produzione di armi, ne risentirebbe enormemente l’intera economica. Ecco perché gli Usa erano, sono e saranno in guerra dappertutto nei vari continenti, sostenendo ora uno stato ora un altro. Al termine della guerra in Ucraina, ci saranno altri conflitti nel mondo, nei quali non mancheranno gli Usa. Avevano in mente di impossessarsi dei pozzi di petrolio in Venezuela, però andò buca… per il momento. Desta qualche preoccupazione l’affare Taiwan, da sempre reclamata dalla Cina, perché facente parte della stessa. E poi non scordiamoci l’Africa, che stimola un grosso appetito, che va continuamente appagato.
La reazione russa
La Russia che, come asserito in precedenza, ha concesso l’indipendenza a diversi stati dell’Europa occidentale, ha inteso difendersi da questo pericoloso accordo tra Usa-Europa- Ucraina. Se Putin non avesse digrignato i denti, lanciando ripetute minacce d’invasione prima e di intervento successivamente, con ogni probabilità si sarebbe trovato sui propri confini, a 700 chilometri da Mosca, una serie di basi missilistiche (pare che ci siano già), buone a mettere paura all’Orso russo e pronte a reagire a ogni mossa sbagliata dello stesso.
A parti invertite come si sarebbero comportati gli americani se i russi, grazie ad un’ipotetica intesa con il Messico, avessero in mente di impiantare basi missilistiche sui confini con gli Usa? La risposta è lampante: gli americani, esattamente come si stanno comportando i russi in Ucraina, invaderebbero immediatamente il Messico.
Andando indietro nella storia, c’è un precedente che sconvolse per alcuni giorni il mondo intero nell’ottobre del 1962. Si tratta delle basi missilistiche impiantate a Cuba dall’allora presidente sovietico Krusciov. Praticamente a pochi chilometri dagli Usa. Giustamente gli americani gridarono a una possibile aggressione sovietica e si prepararono ad affrontarla con un ampio spiegamento di forze. Il mondo temette per una guerra nucleare, poi facilmente rientrata, grazie al buon senso dei russi e al continuo interessamento di Papa Giovanni XXIII.
La questione va risolta con il buon senso di tutti
Fornire armi a un paese in guerrasignifica automaticamenteentrare in guerra al suo fianco. Tutto questo è accaduto in Italia senza che gli italiani fossero stati interpellati e nonostante sia tassativamente vietato dalla nostra Costituzione. Oltretutto il governo italiano ha siglato accordi in segreto, nascondendosi dietro ad “obblighi di alleanza europea“, i cui contenuti sono avvolti nel mistero (mentre Germania e Francia, non solo li spiattellano ai quattro venti, ma dicono apertamente quando e perché non sono d’accordo).
Solo con il buon senso, slegato dagli egoismi e personalismi di certi governanti, si può arrivare a una pacifica soluzione, ma sarà difficile, molto difficile aspirare a tanto. Infatti la Russia, rimasta inascoltata da ben 8 anni, non cederà granché di quanto richiesto inizialmente. Di sicuro pretenderà la Crimea, il Donbass e la promessa solenne dell’Ucraina di non aderire alla Nato, consentendo il suo possibile ingresso solo nell’Unione Europea. Altre possibili soluzioni non se ne vedono. Se ciò non si avverasse, l’umanità intera dovrebbe raccomandarsi a Dio, nella speranza che sappia ammorbidire e correggere il cervello di certi uomini… dalla mente diabolica. Ma, per arrivare a tanto,è necessario iniziare a costruire l’Uomo Universale, che non sia di parte, che abbia a cuore tutti i problemi del mondo, come se fossero propri e che tutti si sentano fratelli. Se sarà superata questa brutta storia, si renderà quanto mai necessario che il ‘popolo bue’, cominci a svegliarsi e a trasformarsi in un popolo dolce, intelligente ma con gli artigli ben affilati, in modo da mettere paura a chi ci governa con molto distacco, supponenza, disinteresse e ci considera, parafrasando il noto poeta romanesco Trilussa, “un popolo cojone… imbrojato dar padrone”.
[“Il filo di Aracne” a. XVII n. 2 aprile-giugno 2022, pp. 6-9]
Note:
1 – Primo Levi, “Se questo è un uomo”;
2 – “La Ninna nanna della guerra” di Carlo Alberto Salustri, in arte Trilussa – Si tratta del penultimo verso della bella ma caustica poesia del poeta romano.