di Antonio Errico
Vengono tempi in cui si ha l’impressione che il mondo sia un poco meno inquieto. Poi ne vengono altri in cui si ha l’impressione che lo sia molto di più, che sia attanagliato dai problemi, che non riesca a trovare soluzioni.
Nel tempo che viviamo, in questi anni, in questi giorni, il mondo è più inquieto. Vive un’inquietudine che confonde, disorienta, fa paura, che sbalordisce, che deprime, annichilisce. Sembra che non riesca a trovare soluzioni. Una guerra che non finisce e sconvolge una parte del mondo. Un terremoto come l’apocalisse che ne sconvolge un’altra. Ma purtroppo sono soltanto due esempi con valore di metafora.
Quando vengono tempi in cui l’inquietudine si fa più forte, diventa anche più forte, più esplicito, più urgente, il bisogno di serenità.
Questo è un tempo che sente più forte il bisogno di serenità. Non sono soltanto le singole creature ad avvertire questo bisogno. Ci sono comunità, popoli, che cercano, chiedono, serenità. C’è un’intera umanità che ha bisogno di serenità, anche per riuscire a sconfiggere o almeno a governare le paure. Tanto le vecchie quanto le nuove paure. Perché in questo tempo le paure ancestrali – quelle del dolore, quelle della fine- hanno assunto nuove e forse anche più angoscianti fisionomie. Quanto più ci spaventa l’inquietudine del mondo, dunque, tanto più sentiamo la necessità di pensare ad una sua serenità.
Così diventiamo ingenui, consapevolmente ingenui, e pensiamo ad una serenità del mondo, ad un equilibrio che ne scongiuri lo stravolgimento, ad una convivenza senza lacerazioni, ad un dialogo fra popoli e persone, ad un confronto di idee e di ideologie che generi ulteriori idee e ideologie sulle quali fondare la civiltà, le civiltà che si sviluppano con le loro coerenze e con le loro contraddizioni ma sempre con il criterio e il metodo della cooperazione. Diventiamo fieramente ingenui, dunque, e motiviamo la nostra ingenuità con il convincimento che forse sia necessario possedere il privilegio di una sostanziale ingenuità di fondo, che sia necessario credere nell’ipotesi che il mondo possa girare mosso dalla pace e non dal conflitto.