di Franco Martina
Una vena populistica percorre da tempo la giovane cultura salentina, tutta protesa alla ricerca di radici dalla forte valenza identitaria.
Il dato di fondo è costituito dalla valorizzazione della cultura locale, presa nella sua accezione più ampia, comprendente storia e natura, i paesaggi naturali e quelli urbani, il folklore e la culinaria. Insomma, una dimensione complessa, dove è possibile trovare di tutto e che presenta un interesse capillare e attivo, come è possibile verificare in mille esempi: dall’esperto di araldica che conduce le scolaresche per i vicoli di Lecce, al rigattiere che fornisce ai clienti notizie storiche sulla ceramica salentina; dall’erudito che dai microfoni della radio locale racconta la “nostra” storia, al pensatore che unisce gli abissi del pensiero meridiano al futuro del tarantismo.
Sarebbe veramente ingiusto non riconoscere l’importanza e la positività di queste diverse manifestazioni di appropriazione del territorio. Anche perché esse non riguardano solo l’aspetto civile ma anche, quasi per conseguenza, quello economico. Il recupero, il risanamento e la valorizzazione di monumenti e tradizioni, di palazzi e vecchi mestieri hanno non solo restituito dignità a pezzi di realtà scartati dai processi di modernizzazione, ma si sono rivelati volano di attività economiche spesso di notevole interesse.