di Francesco D’Andria
![](https://www.iuncturae.eu/wp-content/uploads/2023/07/approdo-Enea-1024x708.jpg)
L’arrivo di Enea a Castro (illustrazione INK-LINK, D’Andria).
Era l’ultima carta da giocare, per evitare la soppressione della sua Diocesi, e Monsignor Francesco Antonio Del Duca, vescovo di Castro, nelle Puglie, aveva fatto estremo ricorso a Virgilio che, nel libro III dell’Eneide, descrive il primo approdo in Italia di Enea, in questo sito all’ingresso del Canale di Otranto, dove sorgeva il tempio di Minerva. In data 30 ottobre 1793 il presule aveva inviato una lunga missiva al re di Napoli, Ferdinando IV di Borbone, con un retorico commento al celebre testo latino, annunciando di aver finalmente identificato il tempio di Minerva, addirittura entro la grotta Zinzulusa che si apre sul mare a nord della cittadina, in uno scenario di straordinaria bellezza. Le stalattiti, secondo il Monsignore, non erano altro che le colonne del tempio e sulle pareti della grotta si poteva leggere la presenza di figure e «in talune pietre vi si scorge scolpita la civetta». Si trattava di pura fantasia e la Diocesi fu accorpata alla sede otrantina, ma a rivendicare il prestigioso collegamento con i versi dell’Eneide, sino dal Cinquecento si era sviluppata una competizione tra le città salentine della costa adriatica: Brindisi, Otranto e infine Leuca dove sarebbe sbarcato S. Pietro, anche lui in viaggio da Oriente, diretto, come Enea, sulle coste del Lazio. Sulla punta estrema della penisola salentina il Principe degli Apostoli avrebbe trovato il tempio di Minerva e sulle sue rovine avrebbe poi fondato il Santuario di S. Maria, de Finibus terrae appunto.