di Ferdinando Boero
Con la sociobiologia lo zoologo E.O. Wilson analizzò la nostra specie come una qualunque specie sociale; da zoologo, mi piace analizzare la pubblicità da un punto di vista sociobiologico.
Da anni il trionfo del politicamente corretto ha fatto breccia nella pubblicità. Negli spot di Carosello i protagonisti erano tutti italiani e “popolari”. Gli spettatori dovevano riconoscersi nelle scenette. Da un po’, negli spot, sono comparsi i neri. E poi gli asiatici. E poi coppie miste, sia per il colore sia per l’orientamento sessuale. Il primo spot per omosessuali vedeva due maschietti che spingevano una carrozzina. Ci sono i bambini, i giovani e, sempre di più, gli anziani.
I carburanti non sono più pubblicizzati, un tempo mettevano un tigre nel motore. Gli alcolici rallegrano, mentre un tempo erano rappresentati come l’acqua di fuoco da dare agli indiani: il brandy dà la felicità. Sono moltissimi gli spot in cui c’è un genitore solo. Ed è evidente che l’altro manca perché i due sono separati. I ruoli non sono più rigidi: i maschi fanno cose un tempo tipiche delle donne, come sfamare i cuccioli, lavare i loro indumenti senza rovinarli, cucinare e altre amenità. Ci sono le pubblicità per persone sole che convivono con un animale da compagnia, di solito un cane o un gatto. I gatti sterilizzati sono trattati come nababbi da umani che forse si sentono in colpa per averli menomati sessualmente. Li amano tanto ma… zac!