L’eclettismo critico di Giuseppe Gigli (parte prima)

di Antonio Lucio Giannone

L’attività critica è uno dei tanti aspetti, e non tra i meno significativi, dell’opera multiforme di Giuseppe Gigli, insieme a quelli di poeta, di narratore, di studioso di storia, cultura e tradizioni popolari della sua terra. Essa, a sua volta, presenta varie articolazioni al suo interno, dal momento che comprende non solo studi e commenti di alcuni classici della letteratura italiana, come Boccaccio, Machiavelli e Foscolo, che sono sicuramente i suoi contributi più rilevanti in questo campo, ma anche monografie, biografie, conferenze, recensioni, articoli e interventi giornalistici di vario genere. Anche in questo specifico settore, insomma, è possibile notare una certa dispersione che, secondo Donato Valli, caratterizza un po’ tutta la personalità del letterato salentino 1.

D’altro lato, occorre chiarire preliminarmente che la ricerca letteraria in Gigli non deriva da precisi obblighi professionali, ma risponde piuttosto a un suo bisogno interiore, al desiderio di approfondimento di argomenti, che erano oggetto anche del suo quotidiano lavoro di insegnante nelle scuole superiori, agli interessi che sorgono man mano in lui attraverso i numerosi trasferimenti e i nuovi rapporti che riesce a stabilire nei centri dove opera. E inoltre bisogna tener presente che la formazione di Gigli, nel campo degli studi letterari, fu sostanzialmente quella di un autodidatta, in quanto egli, dopo il ginnasio frequentato al collegio “Palmieri” di Lecce, non proseguì gli studi, e quindi non ebbe la possibilità di approfondire le sue conoscenze in campo critico nell’ambito di una scuola accademica, anche se fu in contatto epistolare con numerosi maestri della “scuola storica”, da Alessandro D’Ancona, che in una lettera lo definì “l’antico discepolo”, a Vittorio Crescini, da Francesco Torraca a Francesco Flamini, da Pio Rajna a Rodolfo Renier 2. Queste considerazioni servono a spiegare certe caratteristiche della sua metodologia, che è difficile ricondurre esattamente a un preciso indirizzo della nostra critica, ma che risente indubbiamente, in varia misura, e perciò in un sostanziale eclettismo, di tutte e tre le principali correnti della seconda metà dell’Ottocento: la critica desanctisiana, quella carducciana e quella positivistica.

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