di Gianluca Virgilio
“… la mia vita non è stata se non una lunga fantasticheria suddivisa in capitoli dalle passeggiate quotidiane.”
J. J. Rousseau, Le fantasticherie del passeggiatore solitario, Milano 1998, p. 331.
Ieri sera io e Ornella abbiamo fatto una passeggiata “a retu a lu carcere”, cioè nel quartiere popolare sorto negli anni cinquanta e sessanta a ridosso del carcere mandamentale, un edificio ormai dismesso da molti anni e divenuto fatiscente: occupa un intero isolato e nessuno si decide ad abbatterlo e a farne un bel giardino. Abbiamo visto decine di case monofamiliari – verandina sul davanti e giardinetto con agrumi rinsecchiti sul retro -, chiuse e abbandonate, con tanto di cartello VENDESI posto dalle agenzie immobiliari. Il mio cane Billi riconosce subito queste case, perché sul marciapiede antistante vi cresce l’erba, che lo invita en passant ad una spruzzatina. Sono case piuttosto malmesse che hanno mezzo secolo e più di vita, e agli eventuali acquirenti non rimarrebbe altro che abbatterle e ricostruire. La loro fatiscenza dà l’impressione un po’ triste di un ciclo vitale che si è concluso con la morte dei proprietari e col trasferimento dei loro eredi da qualche altra parte.
Ci siamo fermati a riposare sedendoci su una panchina della Villa del Bersagliere, un giardino pubblico che segna l’esatto confine tra “a retu a lu carcere” e “a retu a Sant’Antoniu”. In realtà, un cartello avverte che siamo nel Piazzale Vittime delle Foibe, ma siccome pochi sanno qui che cosa sono le foibe, la voce popolare ha intitolato il giardino al bersagliere, la cui statua con tanto di cappello piumato e tromba campeggia nel centro della villa.