Per la IX Giornata Mondiale della Lingua Ellenica (9 febbraio 2024)
di Onofrio Vox
I popoli ellenici, seppur diffidenti verso il mare, come appare a partire da Esiodo (Opere e giorni 618-94, Teogonia 440), acquisirono però grande familiarità con l’ambiente marino, come mostra il movimento coloniale di VIII-VII a.C.; anzi, l’affermarsi della civiltà e della cultura elleniche ebbe luogo proprio con la navigazione, dal Mediterraneo fino al Mar Nero, in crescendo dall’età micenea. Non è un caso che la letteratura di lingua ellenica — e con essa la letteratura che si definisce ‘occidentale’ — prenda avvio con le narrazioni epiche della guerra di Troia, fuori del mito per i tesori della città che controllava lo stretto dei Dardanelli, e poi del ritorno in patria di eroi come Ulisse, «l’uomo dalle molte risorse, che molto errò, sviato, … e molte sofferenze patì nel suo animo sul percorso marino [en póntōi]» (Odissea 1.1-4). Come i Greci sostennero consapevolmente a partire dall’età ellenistica, la stessa civiltà umana avrebbe avuto inizio quando la prima nave solcò il mare, quella portentosa Argo, costruita con la supervisione di Atena, capace di superare tempeste e insidie come la gola di Scilla o le fatali Rupi cozzanti, le Simplegadi, per giungere nella remota Colchide e recuperare il vello d’oro dell’ariete di Frisso, prima di ritornare percorrendo il Mediterraneo intero, dall’Adriatico al Tirreno fino alle Colonne d’Ercole e al Mar Libico: la prima navigazione argonautica, che coincideva con la fine della frequentazione fra uomini e dei, costituiva l’inizio della civiltà umana, preludendo alla guerra di Troia, quindi alla distruzione della città e alla successiva fondazione di Roma, come ripeterono i Latini, con i loro discendenti fino a tutto il Medioevo.