di Salvatore Carachino
(continuazione)
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Lasciò l’auto accanto ad altre su un terreno incolto ai margini di un’area boschiva di costa. Imboccò un sentiero sotto gli alberi avendo come meta una spiaggia solitamente deserta perché lambita da acque basse disseminate di scogli insidiosi. Raggiunse e oltrepassò uno stabilimento che da potenti diffusori rovesciava frustate sonore su file di corpi stesi al sole. Qualche rintronato tentava la fuga al largo verso ondine carezzevoli. Più avanti la zona non attrezzata si mostrava già tranquilla con una umanità disposta alla parola e alla lettura. Superò piccole baie passando sotto gallerie di arbusti o fiancheggiando terreni a macchia. Impegnò quindi una striscia di sabbia stretta e a tratti sassosa, interrotta da rocce piatte e da cespugli, delimitata da una barriera di arenaria erosa da vento e mareggiate. Si fermò in un punto con una roccia liscia buona per stendervi il telo e all’ombra di una tamerice che riparava dal sole della tarda mattina.
Qui attese il Valletta e l’Aloisio. Quel matto del Dom aveva convinto il religioso a venire al mare. Un invito accolto, una più solida amicizia che avrebbe comportato forse l’aiuto della chiesa a sistemare Claudia in campo lavorativo, a difenderla dalla dissipazione della giovinezza o da avventure in altre terre.
Indossò le scarpe protettive di gomma per superare senza danno scogli affioranti o sommersi e si inoltrò in acque profonde. Nuotando sentiva liberarsi il corpo e la mente dalla gravità delle giornate. Abbandonato sul dorso mirò le nuvole, fece ruotare il manto bianco e azzurro sul viso cercando il sole, implacabile quando si svelava.
Gaia è ad altro mare, pensò. Ha telefonato a Claudia e non a me per annunciare la partenza per Roma. Nessuna data di ritorno. Eppur non può lasciar chiusa a lungo la sua villetta qui. Ritornerà sola per sorprendermi.
Lanciò una occhiata a riva. Valletta e l’Aloisio erano sopraggiunti. Nuotò verso di loro e poi mosse con precauzione fino alla battigia.