di Antonio Prete
I cieli vedono. Per questo sono di volta in volta ridenti o corruschi, tempestosi o sereni.
Questo cielo guarda la vela che sta solcando il mare, il pergolato che protegge i grappoli dai raggi, la parete di calce dove il geco è immobile, in agguato. Osserva le chiome degli ulivi sulla terra rossa, l’agave che ha levato in alto le grandi foglie per proteggere il suo fiore morente. Lo stesso cielo, più oltre, di là da questo mare, vede altre rive, vede il fumo che sale da case bombardate, e madri che corrono in strada a sollevare dalla polvere il figlio colpito. Vede deserti attraversati da colonne umane in fuga verso altre terre, ospedali da campo, villaggi di rifugiati e di profughi, soldati bambini con il mitra al collo.
Diciamo visibile ed escludiamo quel che non appare. La lontananza ricacciata nell’inesistenza. Ma tutto sta, dolente, sotto il cielo. Sta sulla terra. Che intanto fa, con tutti i viventi, il suo viaggio tra i corpi celesti.