di Antonio Lucio Giannone
1
20 – XI – 1909
A Mimì Frassaniti
Tra le poche gioie che i miei versi mi hanno procurato, debbo annoverare quella di aver letto le vostre parole buone e lusinghiere pubblicate sul giornale pugliese “Il Risorgimento”[1].
Le poesie di “Procellarie”[2] rappresentano per me un passato molto lontano, se non in ordine cronologico almeno spiritualmente, poiché molti altri campi ho esplorato, molte altre visioni ora mi seducono.
Spero di far udire quanto prima agli uomini la vera voce della mia anima, tacendo le note stridenti o superflue.
Nel prossimo libro “Cinematografo dell’Ideale (!…)”[3] cercherò projettare la visione chiara della mia personalità artistica, già da Voi mirabilmente intuita nella recensione per la quale Vi rendo grazie.
Una segreta simpatia, ve lo confesso, mi spinse subito verso di voi, non appena ebbi letto la vostra elegia autunnale[4] che con squisito pensiero m’inviaste. Adesso però mi sono convinto che una qualche affinità psichica esiste tra noi due: Forse le nostre anime passano vicine, inconsapevoli, su la strada del dolore.