di Francesco Frisullo – Paolo Vincenti

Esecuzione di Leonora Dori Galigai, intaglio francese del XVII secolo.
RIASSUNTO. Il saggio ripercorre le vicende del poco noto salentino Abate Andrea de Lizza che, passato al servizio del Cardinale Jacques Davy du Perron, approda nel 1608 alla corte di Francia, dove si farà valere per le sue doti artistico-musicali che gli valgono la nomina di cappellano della potentissima ma odiatissima Leonora Dori Galigai, sorella di latte della Regina Maria de Medici. Le sue vicende esistenziali si inquadrano in uno scenario storico molto più complesso, connotato da un diffuso sentimento anti-italiano, in cui si inserisce anche la figura del filosofo taurisanese Giulio Cesare Vanini.
ABSTRACT. The essay retraces the events of the little-known Salento Abbot Andrea de Lizza who, having passed into the service of Cardinal Jacques Davy du Perron, arrived at the court of France in 1608, where he asserted himself for his artistic-musical skills which earned him the nomination of chaplain of the very powerful but hated Leonora Dori Galigai, foster sister of Queen Maria de Medici. His existential events are part of a much more complex historical scenario, characterized by a widespread anti-Italian sentiment, which also includes the figure of the taurisanese philosopher Giulio Cesare Vanini.
La nascita della monarchia assoluta e nazionale in Francia alla fine del Cinquecento non poteva più ammettere né l’esistenza di limitazioni del potere sovrano da parte di un monarca straniero, quale di fatto era il Papa, né forme di libero pensiero. È in questo frangente storico che si sviluppano le vicende che affronteremo. Tra i tanti personaggi che emergono dalla storia dell’“execrable” Vanini, ci soffermiamo sul salentino Andrea de Lizza, abate, vissuto come cappellano e musicista alle corte francese dal 1608 al 1617. Nella bibliografia vaniniana, il suo nome viene citato per primo da Bozzi[1], che riprende René Pintard[2]. Ma su de Lizza, a parte Tabacchi, che lo definisce uno dei confidenti di Leonora Dori Galigai[3], non vi è in Italia alcuna fonte. Invece è tutt’altro che sconosciuto alla storiografia francese, sia pure non per suoi meriti diretti ma per aver fatto la sua comparsa in quel cruciale momento di passaggio in Francia che segna la fine della reggenza di Maria de Medici, “sovrana sapientissima e di fama imperitura”[4], e l’ascesa al trono di Luigi XIII, in una fase caratterizzata da un diffuso sentimento anti-italiano che già covava sotto la cenere dai tempi della regina Caterina de Medici[5]. I coyons, come i parigini battezzarono gli esponenti della schiera italiana già ai tempi della regina Caterina, si erano abbattuti sulla Francia come un nugolo di uccelli rapaci[6]. Ma il coyon per antonomasia è Concino Concini, al cui cadavere, per estremo dileggio, il 26 aprile 1617, come scrive il Nunzio Apostolico Bentivoglio, “furono portate in alto per vari luoghi le parti pubende spiccate dal busto, con parole indegnissime contro la fama della Regina”[7]. Concini divennne l’emblema del parvenu e “raccolse su di sè la violenza dell’odio anti-italiano nella fase terminale della reggenza”[8]. Scrive il nunzio Bentivoglio il 14 febbraio 1617: “Certa cosa è che, a giudizzio [sic] di tutti, la violenza D’Ancre non può durare”[9].