4 marzo 2025: Giornata Mondiale dell’Obesità

     Il Piamo nazionale di prevenzione (PNP) del 2020-2025, adottato con l’intesa Stato-Regioni il 6 agosto 2020, riporta che l’obesità incide notevolmente sullo stato di salute perché si accompagna ad altre malattie come diabete mellito, ipertensione arteriosa, cardiopatia ischemica e ad altre condizioni che peggiorano la qualità di vita e ne riducono la durata. Tutte le regioni con i propri piani regionali sono ora impegnate con obiettivi di promozione della salute e prevenzione dell’obesità e del sovrappeso.

     Si stima che entro il 2035 una persona su quattro sarà obesa, ovvero 1,9 miliardi di persone, con un aumento del 100% dell’obesità infantile.

     L’obesità è una malattia cronica, progressiva, recidivante, ed è uno dei problemi sanitari con un impatto significativo sulla salute pubblica e sui sistemi sanitari con una spesa che raggiungerà 4,32 trilioni di dollari entro il 2035 se le misure di prevenzione e trattamento non miglioreranno. La sua gestione richiede un approccio multidisciplinare, che integri ricerca scientifica, innovazione terapeutica e strategie di prevenzione efficaci.

     Uno dei grossi problemi è l’obesità infantile. Un bambino si considera obeso quando il suo peso corporeo è molto al di sopra di quello considerato normale per la sua età e altezza. Questa forma di obesità si verifica durante l’infanzia e l’adolescenza e può avere gravi conseguenze sulla salute a breve e lungo termine. I dati dell’Istituto Superiore di Sanità del 2023 indicano che il 19% dei bambini e delle bambine di 8-9 anni  è in sovrappeso, il 9,8% è in condizione di obesità di cui il 2,6% è affetto da obesità grave.

     I fattori eziologici possono essere ereditari-familiari: c’è una elevata incidenza familiare legata al fatto che i figli siano esposti a contrarre le cattive abitudini alimentari dei genitori. Ma può essere un fattore alimentare dovuto alla composizione quantitativa e qualitativa della dieta, alla digestione ed all’assorbimento e quindi l’obesità dipende da un apporto eccessivo rispetto al consumo. Premesso che l’80% circa dei bambini in sovrappeso mantiene questa condizione anche da adulti ed il 50% degli obesi adulti era in sovrappeso fin dall’infanzia; da qui emerge l’importanza di valutare la nutrizione o, meglio, l’ipernutrizione soprattutto nelle prime età della vita.

     Vania Rivalta (“Scienza in rete”, 18 marzo 2015) nel suo articolo “Obesità e fattori socio-economici: una sfida per la salute” riporta che “Il peso e l’istruzione dei genitori mostrano un’associazione con lo stato ponderale dei figli. In particolare, laddove l’istruzione dei genitori è elevata (almeno un laureato in famiglia) si è vista una minore percentuale di figli in sovrappeso ed obesi; lo stesso dicasi per la presenza in famiglia di un genitore obeso, che fa aumentare la possibilità che anche i figli abbiano problemi di eccesso ponderale”. Inoltre, riporta i dati dello studio realizzato dall’OMS attraverso il programma europeo di sorveglianza dell’obesità infantile (Childhood Obesity Surveillance Initiative – COSI): i dati hanno mostrato ”una correlazione tra condizione socio-economica ed eccesso di peso: i ragazzi provenienti da famiglie svantaggiate vivono in condizioni ambientali che rendono loro più difficile l’accesso a cibi salutari e a  opportunità di intraprendere attività fisiche”.

     Importante è l’area geografica, come riporta www.quotidianosanita.it  del 10 ottobre 2017 in occasione della Giornata Nazionale  “Obesity Day 2017”, promossa dall’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione clinica per sensibilizzare su sovrappeso e salute. Lo slogan era “Salute informa, dieta mediterranea regionale” e riportava che “per l’obesità l’Italia è a macchia di leopardo e nel Sud va peggio; nelle regioni meridionali prevale una più alta percentuale di adulti obesi (Molise 14,1%;  Abruzzo 12,7% ; Puglia 12,3%) e in sovrappeso (Basilicata 39,9%;  Campania 39,3%; Sicilia 38,7% )  rispetto alle ragioni settentrionali. A Nord si registrano dati inferiori di prevalenza dell’obesità rispetto alle altre aree: provincia autonoma di Bolzano 7,8%; Lombardia 8,7%.  Al Sud e al Centro Italia ci sono più bambini in sovrappeso.

     Possono essere cause endocrine (ipotiroidismo, diabete mellito, ecc.), abitudini alimentari familiari e culturali radicate dall’infanzia sulla base di credenze erronee, come il ritenere  il sovrappeso segno di salute e difesa contro le malattie, o acquisite, come identificare nell’habitus corpulento l’immagine del successo, o suggerite dalla pubblicità intesa a far acquistare cibi; fattori psicologici: per i soggetti depressi e ansiosi il cibo e l’alcool  sono il surrogato delle normali fonti di soddisfazione. Dall’altra parte l’obesità, indipendentemente dalla causa che l’ha prodotta, può condurre essa stessa a problemi psicologici.

     Per un approccio dietoterapeutico è necessaria una valutazione del grado di obesità, e questo viene fatto calcolando il Body Mass Index (BMI), in base al quale si distinguono: obesità di grado 0 BMI 20-24,9; obesità di grado I BMI 25-29,9; obesità di grado II BMI 30-40; obesità di grado III BMI > 40.

     IL BMI si calcola dal rapporto tra il peso in Kg e il quadrato dell’altezza espressa in metri. Anche per i bambini si calcola il BMI, tuttavia in queste fasce di età il rapporto della massa grassa con peso e altezza cambia fisiologicamente nel tempo ed in modo diverso tra maschi e femmine, rendendo la diagnosi di sovrappeso e obesità più complessa. E allora si fa riferimento alla curva dei centili del BMI; un dato superiore all’85 centile è indice di sovrappeso, un dato superiore al 97 centile è indice di obesità e un dato superiore al 99 centile è indice di obesità grave.

     L’articolo 32 della Costituzione Italiana recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività […]”.

     È opportuno, anzi necessario impostare tutte le misure e i metodi che portano alla conoscenza del problema alimentare ad ogni livello. Tutto questo sarà utile al raggiungimento di uno stato di salute attuabile attraverso la prevenzione. Non è semplice modificare acquisizioni ormai radicate nel corso degli anni né superare i pregiudizi perché il comportamento alimentare dell’individuo è la risultante di molteplici fattori, come l’ambiente geografico, la cultura, la razza, le mode, l’età, lo stato sociale, ecc.

     Importante è l’Educazione alimentare rivolta a correggere le opinioni dietologiche errate e le abitudini dietetiche scorrette. L’educazione preventiva dovrebbe essere precoce, cominciando durante l’infanzia e l’adolescenza, quando iniziano ad instaurarsi le abitudini alimentari.

     L’Istituto Nazionale della Nutrizione in Italia, la FAO e l’OMS   studiano ed aggiornano continuamente le informazioni che vengono rivolte alle popolazioni.  L’utilizzo di nuovi alimenti controllati dal punto di vista biologico-nutritivo consentirà all’individuo e alla collettività il miglioramento dello stato di salute e quindi della qualità della vita.

     L’educazione alimentare, con misure sistematiche di informazione scientifica sulla problematica e sull’igiene alimentare comporterà agli individui conoscenze corrette relative alle esigenze nutrizionali, comportamenti alimentari adeguati, miglioramento delle condizioni di salute relative alla patologia alimentare e quindi una migliore conoscenza sanitaria. Secondo una review del 2018, pubblicata su Lancet Diabetes and Endocrinology, si è dimostrato che gli interventi educazionali in ambito scolastico, che prendono in considerazione sia la dieta che l’attività fisica ed includano un coinvolgimento familiare, sono più efficaci nella prevenzione dell’obesità infantile.

     La dieta è la base del trattamento dell’obesità e si fonda sul principio che le calorie introdotte devono essere minori di quelle utilizzate; deve essere equilibrata nei suoi elementi fondamentali, proporzionata all’attività fisica/lavorativa del singolo soggetto, quantitativamente accettabile, gradita al palato, e tenendo conto dell’età. Una volta raggiunto il peso fisiologico o quando è stata raggiunta almeno una sufficiente diminuzione di peso, è indispensabile tuttavia mantenere una certa restrizione dietetica permanente.

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