Ciò si rende evidente anche dai rapporti di bilancio economico di molti Paesi e dell’Unione Europea in generale, nei quali sempre maggiori risorse vengono destinate alla spesa per gli armamenti, sottraendoli a sanità ed istruzione. Questo clima generalizzato non può che produrre in noi individui un senso di depressione, una mancanza di voglia di vivere, perché siamo incapaci di vedere, immaginare, un futuro migliore. Ma è da questa situazione generale che nasce la proposta/speranza di Marco Guzzi: scavare nella sabbia per trovare l’acqua, l’oro della vita. A tal fine, nel suo libro, decostruisce innanzitutto ciò che è accaduto nella storia europea, e mondiale, a partire dal 1989, con la caduta del muro di Berlino e la convinzione che ormai tutti avrebbero aderito al modello americano: pace e prosperità, libertà e libero mercato, e che da lì in poi si sarebbe manifestato come libero mercato di armi per la morte. Infatti il Nuovo Ordine Mondiale si è rilevato come nuovo ordine fondato sulla prepotenza statunitense, palesatasi con la Prima Guerra nel Golfo, cui ne seguirono altre. Il che mostrò le diseguaglianze che ha prodotto tale nuovo ordine, ben lontano da qualsiasi proclamata equità sociale. Per altro verso, l’Unione Europea ha fatto a gara per omologarsi a tale nuovo regime guerrafondaio, quando a partire dal 2008, il fenomeno della Globalizzazione neoliberale dimostra il suo carattere oligarchico, predatorio, con tendenze suicidiarie universali di tipo morale, prima che ambientali ed economiche. A fronte di ciò, nascono le prime tendenze politiche ad indirizzo populista e sovranista come critica alla finanza capitalista anglo-americana, alla globalizzazione dei mercati, all’euro ed all’Unione Europea come strumento di asservimento dei popoli, al sistema mediatico pilotato dai poteri finanziari, al progresso tecnologico e digitale come mezzo di controllo sociale. Critiche che si sono dimostrate non senza fondamento, se pensiamo a ciò che è accaduto con il 2020 ed il fenomeno Covid: la restrizione delle libertà personali, la cancellazione del diritto al lavoro, sotto la minaccia di una vaccinazione, ancora sperimentale ma resa obbligatoria per chi volesse ancora lavorare e godere dei diritti civili e sociali. Insomma una vera e propria militarizzazione della società, con la supina accettazione, se non favoreggiamento, dei sindacati; una sottomissione del mondo al dominio puro e semplice delle logiche della Guerra. Quell’Io bellico, fondamentalmente protagonista di tutta la vicenda umana, è tornato ad essere proposto sfacciatamente attraverso la Guerra, la Distruzione e la Devastazione, soprattutto della verità, poi dei popoli e del mondo. Da qui la considerazione circa l’impossibilità di una mediazione fra i processi evolutivi terrestri e le forme istituzionali dominanti, specie dopo la constatazione del fallimento delle formazioni politiche antisistema, e la vittoria delle destre che si sono adeguate alle linee del governo Draghi, contraddicendo tutte le promesse per le quali sono state votate. Da qui una catastrofe di tipo antropologico, dal quale parte il movimento “Darsi Pace”, convinto della possibilità di una rinascita dalle tenebre, di poter trovare l’acqua sotto la sabbia del deserto. Ma anche l’inizio di un nuovo dinamismo, all’interno di una fase storica e spirituale cristallizzate. Tale dinamismo si è concretizzato attraverso la scrittura della Carta della Nuova Umanità, che intende inaugurare un nuovo ciclo storico, pur consapevoli di tutte le difficoltà, ma consapevoli di una forza spirituale che anima il movimento, teso verso una rivoluzione culturale che intende la Libertà, la Pace, la Fede, la Democrazia e la pratica interiore come una Rivoluzione. Una rivoluzione portata in giro per l’Italia con degli appuntamenti in altrettante città, cui contenuto principale è il messaggio per il quale la preparazione interiore è fondamentale per l’azione rivoluzionaria, per inaugurare la Nuova Età. Una Nuova Età nella quale, ognuno di noi, sia in grado di comprendere che la propria coscienza ordinaria, che ci fa sentire piccoli, isolati…, può essere modificata; deve uscire dalla propria segregazione per costruire un futuro per tutta la specie umana. Questo nella consapevolezza che il Sistema attuale è in agonia, e resiste solo «intensificando ostinatamente gli orrori e le ingiustizie su cui è fondato… Tenta perciò di chiamare progresso la devastazione progressiva dell’essenza libera dell’essere umano; tenta di chiamare difesa dei valori occidentali o addirittura della pace la pura e semplice volontà di potenza imperialista, bellica e coloniale…» (p. 85). Assistiamo cioè al tentativo di un rovesciamento del significato delle parole nel loro contrario. Per questo, meglio non occuparsi delle discussioni che il Sistema vuole imporci ogni giorno, per dedicarsi ad un cambio radicale del linguaggio, imporre un ordine del giorno diverso, il nostro, che deve proporre, contro tutto ciò, un antidoto: « il nostro Vero Io, la nostra Nuova e Vera Umanità –ci dice l’autore- che ha già vinto il mondo» (p. 87), ossia l’Io divino-umano. È chiaramente difficile sfuggire al Sistema, che attraverso sofisticati strumenti di una radicale psico-sorveglianza, di fatto, esercita il suo potere su un popolo già schiavo. Ma è proprio da qui che deve partire il salto antropologico: la scoperta dell’Io umano della propria intrinseca Libertà che gli consente di essere uno Spirito non condizionato (p. 97). Non condizionato nemmeno dalla morte, che anzi consideri questa come un limite già attraversabile, come una soglia iniziatica, alla stregua del battesimo cattolico, con il quale si muore dalla vecchia vita per trans-formare il nostro essere ed il nostro linguaggio. «La morte attraversata –afferma l’autore- fa nascere un Io-Spirito che parla bene-dicendo e che così, parlando corretta-mente, salva la Terra» (p. 116). Si tratta di una iniziazione messianica per la quale, morendo in Cristo, si diventa un Io-Spirito capace di un dire miracoloso. Si tratta di un percorso di fede che anima la Nuova Umanità.
Non mi risulta chiaro, nel discorso dell’autore, sicuramente per un mio deficit, quanto dell’iniziazione messianica sia qualcosa di puramente spirituale, un modello da considerare nel proprio percorso di vita, per vivere meglio se stessi ed il rapporto con gli altri. E quanto sia ritenuto un fatto, ossia qualcosa che sicuramente succede. Magari l’autore mi risponderà che fra le due cose non c’è differenza!
Ad ogni modo, stante lo sgretolamento in corso di tutta una civiltà e della relativa raffigurazione antropologica, per giungere ad una nuova forma di soggettività umana, è necessario elaborare nuove forme culturali, fra l’inesorabile caduta e morte delle vecchie, orma in corso da molti anni, nonostante la loro resistenza agonizzante. «E qui si presenta –sottolinea Guzzi- la paradossalità di questi tempi: la Festa e il Lutto, la Gioia e la Catastrofe nn sono più eventi disgiunti né disgiungibili, ma coincidenti» (p. 138). A partire da ciò, l’autore legge l’evento biblico del disarcionamento da cavallo di Paolo di Tarso come una caduta dell’uomo vecchio, che si rialza come uomo nuovo. Ma la conversione non viene letta da M. Guzzi, come finora accaduto, come un concetto moralistico, una correzione morale del proprio modo di vivere, rimanendo l’Io sostanzialmente immutato. Bensì con un significato iniziatico originario: è «un radicale passaggio –afferma l’autore- da una forma psico-spirituale di me a un’altra» (p. 141); un passaggio dall’essere un’anima vivente, ad uno spirito datore di vita, ossia chi ha dentro di sé la vita e può donarla. Per questo è necessaria la catastrofe permanente del nostro attuale assetto ego-centrato, perché ci sia un rovesciamento inesauribile, la Morte, del nostro Io-separato. Perché ciò accada, è necessario un parto, caratterizzato, è vero, dal dolore «e il dolore –sottolinea Guzzi- accompagna da sempre ogni nascita. Un dolore che poi però esplode nella gioia della nuova vita» (p. 175). Il dolore, insomma, è parte consustanziale della nostra vita, che dobbiamo saper accogliere, sopportare, considerare come una levatrice del Nuovo, del completamente Altro (p. 176). Ed è proprio questo che Marco Guzzi fa, da ormai 25 anni, con i suoi numerosissimi gruppi “Darsi Pace”, molto conosciuti in Italia, come all’estero.