
«”Appena solo nel giardino, fiutavo la pietà nell’aria, mista a un sentore di isolamento e di orgoglio. Era il viaggio della pietà, la visita ai luoghi pietosi. Ogni pianta, ogni fiore mi pareva soffrire di una speciale sofferenza; e non d’una causa estranea ma solo d’essere com’era, quasicché l’appellarsi alla mia pietà fosse il moto più intimo ed essenziale d’ogni cosa creata. La magnolia soffriva dei propri fiori così bianchi, la salvia di essere rossa, la rosa d’essere rosa; le piante, i fiori, nello sforzo acuto di vivere e di assomigliare a se stessi, emanavano una pietà che mi andava avvolgendo e mi spingeva a lagrimare. E mi pareva che, fra tanti richiami, l’unica consolazione fosse di portarmi accanto a quegli afflitti di se stessi, per guardarli, odorarli ed assimilare la loro vita essenzialmente penosa, che trovava riscatto solo passando nella mia. Via via che li avvicinavo, mi sentivo legato a ciascuno di essi, perché avevo coscienza che dividendolo da me lo avrei respinto nella sua desolazione. Purtroppo da tutto il giardino partivano altri richiami; ero diviso tra due impulsi contrari, quello di soccorrere tutti, e quello di non distaccarmi dal sofferente che assistevo. Dove non erano, le creature soffrivano; se mi muovevo per soccorrerle, l’abbandonato ricadeva nel buio; così esitavo tra il muovermi e lo star fermo, sgomento della qualità del mio compito, che non potevo assolvere in nessun modo. Era un lavoro di soccorso infinito, che non trovava mai riposo, né istante di soddisfazione. Veniva l’ora di partire; amareggiato di lasciare a mezzo un lavoro, in cui non avevo raggiunto nessun risultato fermo, perché svaniva tutto alla mia scomparsa, gridavo che sarei ritornato ben presto; ma l’incertezza del ritorno, la visione di me rinchiuso nei giorni seguenti con la nonna e con Paola, dissimulando per vergogna la mia smania di uscire nel giardino che mi chiamava, esasperavano l’amarezza del fallimento. Rientravo e sentivo alle spalle il giardino che si spegneva.”»
Guido Piovene, Pietà contro pietà, in Opere narrative I, a cura di Clelia Martignoni, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1996 (terza Edizione), pp. 802-803.