di Giuseppe Virgilio

«Qualis magister talis discipulus!>> mormora con sardonico sorriso il preside Ottorino Specchia di rimando alla battuta di un docente di Educazione fisica che, pigro e restio di sua natura, ha giudicato come «sfaticato» nella sua disciplina un giovane liceale durante lo scrutinio finale di un anno scolastico nel Liceo «Colonna» di Galatina all’inizio degli anni Sessanta. E mai forse in questo caso il latino è stato più pertinente e più idoneo a salvaguardare la funzionalità hic et nunc della lingua, quasi motivo ed invito a riflettere di quante parole latine ha avuto bisogno la lingua italiana, in questo caso le correlative «quale» e «tale», se si pensa che quelli sono stati tempi, subito dopo il 1968, in cui arroganti studenti e baccheggianti studentesse che Ottorino Specchia ha chiamato con termini ciceroniani rispettivamente «barbatuli iuvenes» e «bracatae puellae», hanno richiesto di abolire l’insegnamento del Latino.
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E già queste battute dicono nell’uomo una particolare forma di «humanitas» che distingue tra classicismo, mai esente da servile imitazione, ed umanismo come culto dell’antico che storicizza ciò che è vissuto e lo fa rivivere in forma nuova.