di Roberto Orlando

Giuseppe Pellizza da Volpedo, Il quarto stato, 1901, olio su tela, 293×545 cm.,
Galleria d’Arte Moderna di Milano, Milano.
Tra la fine del XIX e il primo ventennio del XX secolo l’agricoltura del Mezzogiorno d’Italia fu investita da una profonda crisi a causa sia di trattati commerciali tra Governo italiano e altri Stati, sfavorevoli per le colture meridionali, come il cosiddetto “Modus vivendi con la Spagna”, sia di ripetute crisi colturali dovute soprattutto alla diffusione di malattie parassitarie e alla sovrapproduzione di vino, responsabili, insieme alle speculazioni dei produttori, della crisi annonaria e dell’aumento del prezzo del grano, delle farine e del pane.
In Terra d’Otranto la crisi fu ancora più drammatica in quanto, oltre alla carenza di acqua, all’enorme difficoltà dei trasporti e alle frequenti epidemie di rabbia, colera, vaiolo, morbillo, malaria…, interessò le colture fondamentali dell’economia locale, ossia l’olivo e la vite. Dalla fine dell’Ottocento e fino al primo conflitto mondiale gran parte degli oliveti fu attaccata dalla mosca olearia e dalla brusca, una malattia fungina, che costrinse i proprietari a tagliare centinaia di migliaia di alberi o a ridurli a tronconi. Nello stesso periodo anche la vitivinicoltura, la coltivazione delle patate e del pomodoro conobbero un periodo di crisi estrema a causa, oltre che dei motivi su citati, anche del restringimento repentino dei crediti da parte degli Istituti di Credito locali e, soprattutto, della fillossera, una malattia parassitaria importata dalle Americhe che portò all’estinzione di numerosi vitigni autoctoni e costrinse molti proprietari terrieri ad abbandonare le campagne per lunghi periodi.
Le conseguenze per coloro che vivevano di rendite agricole e per i lavoratori dei campi furono terribili: abbandono di moltissimi appezzamenti di terra, ridimensionamento degli affari della gran parte degli aristocratici e della borghesia agraria, impoverimento dei piccoli e medi proprietari, disoccupazione e il dilagare della fame e della disperazione tra i braccianti e i nullatenenti, la parte numericamente più cospicua della popolazione.





























































