La masseria fortificata dei Vanini di Taurisano nel feudo di Ugento (seconda metà del sec. XVI)


Masseria Vanini, un camino del piano superiore.

     Ubicato lungo l’antica via Traiana, che giungeva fino alla città messapica di Vereto, ed in prossimità dei casali medioevali di Pompignano, Errico, Celsorizzo, nonché della fiorente città di Ugento, il complesso masserizio era accatastato congiuntamente ad una lunga serie di terreni seminatori, olivati, boschivi e macchiosi, la cui estensione raggiungeva la ragguardevole cifra di ottanta ettari e i cui prodotti in parte rifornivano i mercati dei casali e terre circostanti, in parte venivano esportati dal porto di Gallipoli.

     Visitai la masseria nel lontano 1977; tornatovi qualche mese fa, mi sono trovato di fronte a dei ruderi. Aveva il prospetto principale rivolto a settentrione, ed era strutturata in vari e diversi corpi di fabbrica allineati in senso est-ovest, alcuni dei quali distribuiti su due piani; tra essi era inglobata la robusta mole di una casa-torre risalente alla seconda metà del secolo XVI.

     La casa-torre, a pianta quadrangolare, era strutturata in un piano terreno diviso in due vani di diverse dimensioni e con coperture a botte, un tempo adibiti a magazzino e a cucina, come dimostra l’ampio camino incavato nel muro occidentale; ed un primo piano utilizzato come dimora del massaro o estiva del proprietario, con tetto a due acque con struttura in legno e cannucce intrecciate su cui poggiavano gli embrici semicilindrici di terracotta, ormai completamente crollato. Anche questo piano era costituito da due vani ma di uguale dimensione, entrambi provvisti di caminetti, cui si accedeva attraverso una rampa di scale, posta in corrispondenza del lato occidentale, ricavata nello spessore della muratura.

     Sul fronte rivolto a settentrione del primo piano sporgeva una caditoia sulla verticale dell’ingresso originario, per mezzo della quale era possibile difendersi con il lancio di pietre o olio bollente dagli attacchi degli eventuali assalitori turchi e saraceni, diventati più frequenti nel secolo XVI, dopo il sacco di Otranto del 1480 (il territorio ugentino e i casali limitrofi nella prima metà del Cinquecento subirono ripetuti saccheggi da parte dei turchi: memorabili rimangono la distruzione di Ugento del 1537 e la “razzia” di donne, bambini e giovani uomini di Taurisano, la cui popolazione fu decimata in quanto portati nei mercati di schiavi dell’oriente.


Interno del piano superiore della masseria Vanini.

     Il piano terra della casa-torre era costituito da una robusta muratura di pietre informi di calcare compatto, cementate con una malta formata da bolo, calce e paglia triturata, rivestita con conci di tufo; mentre i muri del piano sovrastante risultavano costituiti solo da conci di tufo.

     Nel Seicento furono addossati nella parte orientale e sud-orientale della struttura primitiva altri piccoli vani a piano terra con volte a botte, utilizzati come depositi di derrate e come ricoveri temporanei per i lavoratori stagionali (seminatori, mietitori, aratori, sarchiatori, potatori, tosatori, roncatori, carrieri …); mentre nel Settecento vennero edificati il fienile ed i ricoveri per i bovini ed equini con volte alla leccese, attaccati al lato occidentale della casa-torre. Un alto recinto di pietre a secco sito sul lato meridionale proteggeva dai lupi e dai ladri gli ovini e i caprini.

     Il primo proprietario, Giovan Battista Vanini, sposato con la nobildonna di origine spagnola, Beatrice Lopez de Noguera, vantava un cospicuo patrimonio immobiliare; infatti, dagli atti notarili, che lo qualificano con gli appellativi di magnificus, di dominus e di egregio, si deduce che appartenesse ad un ceto borghese medio-alto disponendo di un ingente patrimonio in beni immobili. Oltre alla masseria di cui ci stiamo occupando, risultava proprietario in Taurisano di un notevole palazzetto di abitazione sito nella strada delle Puzze, della cappella di Sant’Antonio da Padova, lungo la medesima strada, della cappella della Pietà nella chiesa parrocchiale antica, di una bottega ubicata nella piazza, di una casa nella città di Ugento, di due “possessioni olivate” nelle contrade Ortenzano e Spani nel feudo di Taurisano, di una “possessione seminatoria” ed di una “olivata” nel feudo di Ugento, di due “possessioni olivate” nel feudo di Gemini, oltre che di ingenti somme di denaro provenienti da “annui censi”, da interessi sui prestiti e dall’attività di amministratore dei beni prima dei Gattinara Lignana poi di Francisco de Castro, viceré ad interim di Napoli, nonché viceré di Sicilia, conte di Castro e duca di Taurisano. Assai consistenti dovevano essere anche le risorse finanziarie della moglie Beatrice Lopez de Noguera di origine spagnola, proveniente da una famiglia di arrendatori delle regie dogane, che controllavano le imposizioni fiscali di tutta la Puglia e la Basilicata.

     Dopo la morte di Giovanni Battista, per transazione notarile, visto che non aveva lasciato testamento, l’impianto masserizio con i terreni di pertinenza passò al figlio secondogenito Alessandro, coniugato con Emerenziana Nicolardi di Alessano, successivamente al figlio Giovanni Battista junior, dottore in utroque iure, sposato con Caterina Salina della città di Gallipoli.

     Nel 1680 detta masseria risultava intestata a don Giuseppe Cayro di Salve, marito di Agata Vanini (1638-?), in comunione con Onofrio Vanini. Agata e Onofrio (1636-1683), fratello e sorella, due dei sei figli di Giovanni Battista junior (1610-1653?) del fu Alessandro, quini pronipoti del filosofo Giulio Cesare. Gli altri quattro figli di Giovanni Battista junior erano: Beatrice (1634-1694), Dorolina, Isabella e Caterina (1653-1728). Con la morte ad appena un anno dell’unico figlio maschio di Onofrio Vanini e della gallipolina Giulia Grasso, Vito Leonardo (1673-1673), si estinse la casata dei Vanini di Taurisano. La masseria, quindi, fu venduta dagli eredi.

     Dal Catasto onciario di Ugento del 1753, infatti, la stessa risulta di proprietà del nobile Oronzo Rovito di Ugento di anni 80. Nel documento fiscale il complesso masserizio viene così descritto: “Una masseria consistente in curti per tener bestiame, casa lamiata inferiore e superiore, capanne, forno, cisterna, ed altri membri, area per triturar grano, con terre seminatorie, arbori comuni, olive, e poca terra macchiosa in questo Feudo nominato Vanini, confina da Borea li beni di don Francesco de Pandis, Don Marino Serafini, Spartifeudo da Levante, Scirocco e Ponente, tra Acquarica, e Gemine, dedotte le colture, stimata la rendita docati cinquanta cinque, ut in appretio fol: 169 n° 6: sono oncie 183.10 […]. Nella Mezzaria detta li Vanini pecore di frutto n° cento, rendono annui docati diece sono oncie 16.20”.


Taurisano, palazzetto dei Vanini (seconda metà del sec. XVI) dove, secondo la tradizione, sarebbe nato il filosofo Giulio Cesare.
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2 risposte a La masseria fortificata dei Vanini di Taurisano nel feudo di Ugento (seconda metà del sec. XVI)

  1. Massimo Congedi scrive:

    Con questa notizia, parzialmente o per niente nota, riportata in questo testo, viene opportunamente integrata la vicenda storica dei Vanini di Taurisano, la cui vicenda, in particolare quella relativa al filosofo Giulio Cesare, è stata egregiamente trattata da studiosi del calibro di Luciano Antonazzo, Mario Carparelli, Francesco De Paola, Giovanni Papuli e Francesco Paolo Raimondi.
    Saluti e grazie all’autore Roberto Orlando.

  2. Antonella Preite scrive:

    La masseria, purtroppo, insieme con la casa di Taurisano, restaurata ad opera del Comune e aperta ai visitatori , è l’unica testimonianza non scritta della casata dei Vanini. Fa tanta rabbia vederla ridotta in un groviglio di rovine, in quanto ogni amministrazione comunale di Ugento non si si è mai preoccupata di salvaguardarla per trasmetterla ai posteri, come è stato fatto per altre masserie dei territorio comunale, anche se per fini turistici.

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