Inchiostri 160. Per Gastone Novelli

di Antonio Devicienti

Ci sono un taccuino inondato di sole e una matita, un tavolo di pietra abbagliante sistemata tra avanzi di edifici antichissimi e lì Gastone Novelli schizza impressioni del viaggio, segni: il segno riassume l’universo – – – l’universo si specchia nel segno (s’immerge ed emerge nel e dal segno)

C’è il desiderio di libertà che non è parola astratta o, peggio, retorica, ma agente nel QUI e ORA che sono continuamente cangianti e nuovi – il mare a Capo Tenaro, gli olivi nella valle di Delfi, le giare per l’olio a Cnosso, le icone venerate durante la Pasqua ortodossa, i trasferimenti in nave verso le Cicladi aprono orizzonti non statici e non borghesi, accelerano il pensiero, lo ubriacano di luce e di desiderante slancio

C’è il Pireo pettinato da un vento-ἄνεμος che, animus pensante e senziente, culla navi pronte alla partenza (desideranti la propria partenza) – ma se il de-siderio è davvero distanza dagli astri, ebbene è proprio quella distanza ragione e attuazione del viaggio, dell’itinerario, del moto di avvicinamento.

Gastone Novelli scrivendo del suo viaggio in Grecia dice dell’odore di nafta dei traghetti, ricopia i simboli del disco di Festo, annota l’impressione ricevuta dai paesaggi della penisola di Mani: l’appagante distanza tra de-siderio e sua realizzazione sta nello sguardo che, diventato scrittura-disegno e disegno-scrittura, gioisce delle proprie mani che scrivono e che disegnano, del proprio corpo attraversato dal piacere di disegnare e di scrivere.

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