La scrittura magnetica di Antonella Lattanzi

di Claudia Presicce

“Non intendo dire che avevamo il mare nelle nostre città dove i pescatori uccidevano i polpi con un morso in testa e poi li arricciavano sul molo. O il mare del capitone di Natale che quando lo ammazzi con un calcio fa un gemito. Dico proprio dentro. Nel corpo. Installato come un pacemaker, dicevamo per tutta la vita che senza mare non potevamo stare. Saremmo morti. Invece poi si impara che puoi stare senza tutto”.

È la scrittura magnetica di Antonella Lattanzi, dal ritmo tamburellante che ti avviluppa dentro una bolla, pure se non ci vuoi stare quando capisci che aria si respira là dentro… E sì, perché Chiara (Einaudi; pagine 176; 18 euro) il romanzo della scrittrice barese che arriva oggi in libreria è imbevuto di sangue fresco. Scorre rosso su un cielo buio (anche se intorno vibra un’assolata Bari) interrotto da tratti di luce intensa: quella di un’indomabile giovane voglia di vivere e di prismatiche irresistibili …smanie d’amore. Forse montagne russe d’amore, o no, meglio chiamarle “roulette russe”. Sì, perché di fronte ad un dio cattivo come padre o al massacro dello spettacolo di autolesionismo, il rischio è la morte. Morte di un’esistenza “normale”, morte di qualunque aspirazione alla serenità. Perché nel lessico familiare in casa delle due protagoniste non è prevista “serenità”. Ma spieghiamo.

La storia (senza dire troppo perché si sbroglia lungo le pagine) racconta la crescita di due bambine che dalla scuola elementare a Bari si legano fortemente, conoscendo l’ebbrezza di quell’amicizia che ha il sapore di infinito. A quell’età (e solo per pochi anni dopo) ci sono incontri che sai che saranno famiglia sempre, che saranno la tua città aperta, i giochi, i segreti, la libertà per sempre. Saranno amore per sempre. Solo anni dopo comprendi che non è così certo il “per sempre”, non esiste forse. Perché la vita ti trascina dove vuole lei, tra venti che non gestisci tu.

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