Lettera 44 9. Quella falsa idea che i ragazzi non studiano più

Per le ore che durava lo studio, il rapporto tra il ragazzo e il mondo si realizzava esclusivamente attraverso quelle espressioni del sapere.

Poi il ragazzo ha scoperto che la relazione con il mondo non avviene soltanto attraverso quelle conoscenze. Lo ha scoperto usando quegli strumenti di cui – noi- lo abbiamo dotato appena liberato dalle fasce. Per esempio il cellulare; per esempio il computer, con tutte le funzioni che quegli strumenti mettono a disposizione. Così quegli strumenti hanno moltiplicato le prospettive, hanno ampliato e diversificato le relazioni, i richiami si sono fatti pressanti, spesso assordanti. Tutto questo lo abbiamo chiamato distrazione. I ragazzi non studiano più perché sono distratti. Non è vero. Oppure, se è vero che possa verificarsi una distrazione dal compito specifico, è anche vero che a quella distrazione corrisponde un’attrazione verso espressioni di conoscenza che si presentano con le forme della pluri e trans disciplinarità, della trasversalità.

I metodi di studio non sono più lineari. Sono ramificati, obliqui, rispondono alle condizioni di molteplicità, complessità, alla pluralità di messaggi, di linguaggi. Sono compatibili con le esperienze di esistere, con le forme di pensiero, con gli stili di apprendimento.

I luoghi comuni sono superficiali e in quanto tali a volte sono dannosi perché generano equivoci, errate valutazioni, alterano la realtà, la distorcono. Quando si dice che i ragazzi non studiano più, si sta semplicemente alterando la realtà. Non solo. Si sta disconoscendo il loro impegno, la loro serietà. Non solo. Si sta dimostrando di non aver capito che loro portano nuove identità, nuovi pensieri, nuove modalità di analisi e di interpretazione dei fatti e delle storie che attraversano il mondo.

[“Nuovo Quotidiano di Puglia” , domenica 2 novembre 2025]

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