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Archivi categoria: Inchiostri di Antonio Devicienti
Inchiostri 154. Michael Kenna e il Giappone
di Antonio Devicienti Nella serie fotografica Forms of Japan (che Michael Kenna pubblica nel 2015 raccogliendovi circa trent’anni di sue frequentazioni con il paesaggio e con la cultura giapponesi) il fotografo riconosce nel paesaggio e in alcune architetture (come quella … Continua a leggere
Inchiostri 153. Giacometti dietro la finestra
di Antonio Devicienti Lo sguardo di Christer Strömholm restituisce il riflesso di un riflesso: Alberto Giacometti e la sua scultura visti attraverso i vetri della finestra, in essi riflessi – ma in primo piano ci sono i pennelli, la sgorbia, … Continua a leggere
Inchiostri 152. Le mani di Miles Davis
di Antonio Devicienti Irving Penn fotografa Miles Davis nel 1986 per l’apparato iconografico dell’album Tutu: il fotografo vede sia la scultorea bellezza che la forza espressiva della mente musicale che si concentra nel volto e nelle mani. Spiritualità delle mani, … Continua a leggere
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Inchiostri 151. La bocca di Krishna
di Antonio Devicienti La carta, materia oltremodo fragile eppure capace di offrirsi sublime schermo sul quale far materializzare mondi, universi: si pensi all’arte fotografica di Ángel Albarrán e di Anna Cabrera, al loro ricorrere alla carta giapponese gampi su cui … Continua a leggere
Inchiostri 150. Ettore Sottsass a Kyoto
di Antonio Devicienti Ettore Sottsass dedica (Domus, 300, novembre 1954, ora leggibile in Per qualcuno può essere lo spazio, Adelphi, Milano 2017) una riflessione a Katsura, villa imperiale a sud-ovest di Kyoto. Sottsass riflette sul rapporto tra tradizione occidentale e … Continua a leggere
Inchiostri 149. Claude Monet a Giverny
di Antonio Devicienti Claude Monet a Giverny dipinge le ninfee sull’acqua facendone scrittura dello svanire e dell’impermanenza: a chi osservi quei dipinti si dà a vedere il paradosso dell’atto pittorico che ha fermato in forma d’immagine quello che incessante si … Continua a leggere
Inchiostri 148. Il nome Praga
di Antonio Devicienti I Se sollevo lo sguardo al frontone a gradoni della Sinagoga vecchia nuova di Praga, capisco: il tempo, come le rocce, si stratifica. Se nella soffitta dietro quel frontone Rabbi Löw nascose il suo Golem, l’argilla da … Continua a leggere
Inchiostri 147. Variazioni su di un dipinto
di Antonio Devicienti 1. Nel Concerto interrotto di Tiziano Vecellio il silenzio sta sospeso tra il ricciolo della viola da gamba e la mano posata sulla spalla del ragazzo alla spinetta, tra le dita di questi e i tasti fermi … Continua a leggere
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Inchiostri 146. di nuovo per Ettore Spalletti
di Antonio Devicienti Il colore non è accessorio, ma esso è LUCE ed è SILENZIO. Impensabile (impercepibile) lo SPAZIO senza il colore. L’immersione nel colore è nascita, muoversi nel colore è rinnovata nascita, genesi. Strato su strato il silenzio addensa … Continua a leggere
Inchiostri 145. Architettura e alfabeti
di Antonio Devicienti La materialità del segno alfabetico allo stato puro: si pensi soltanto ad alcune realizzazioni di Jaume Plensa: figure umane costituite da segni dei diversi alfabeti del mondo. E le figure sembrano raccolte in atteggiamenti di meditazione o … Continua a leggere
Inchiostri 144. Cadenze veneziane
di Antonio Devicienti UNO: Nel 2011 l’artista statunitense Emily Arthur, nell’ambito di un progetto condiviso con Ca’ Foscari e con la Biennale d’Arte, interviene su di un libro (Il fiore della lirica veneziana – IV pubblicato da Neri Pozza nel … Continua a leggere
Inchiostri 143. La poesia del cemento (per Giuseppe Uncini)
di Antonio Devicienti Spesso è vero che il cemento (il grigio cemento) è “brutto”, oppure “anonimo” o, anche, “alienante” – sfregio nel paesaggio, soffocante materia senz’anima, bruttante presenza nella contemporaneità urbanizzata, escludente e arrogante. Ma Giuseppe Uncini intuisce che uno … Continua a leggere
Inchiostri 142. Saline
di Antonio Devicienti 1. Il senso del viaggio è andare a cercare un luogo o una persona o un qualcosa (spesso ancora indefinito). Corretto è anche affermare che quel luogo, quella persona, quel qualcosa ti hanno cercato e chiamato. Il … Continua a leggere
Inchiostri 141. Cattedrali e chiostri del Romanico
di Antonio Devicienti Credo che il concetto di analfabetismo sia spesso inficiato da un pregiudizio di natura classista. Se l’etimologia allude chiaramente a chi è “senza alfabeto”, quindi non è in grado di leggere i segni alfabetici, l’impiego del termine … Continua a leggere
Inchiostri 140. La scrittura è porosa
di Antonio Devicienti Non è casuale il fatto che ogni singola parola scritta si trovi tra due spazi bianchi (tra due silenzi, per quanto brevissimi). Senza quei due “vuoti”, senza quei due silenzi non si renderebbero visibili i segni che … Continua a leggere
Inchiostri 139. Grotta dei Cervi
di Antonio Devicienti Era forse per riti celebrati nel ventre segreto della terra: scendevano dentro la madre fino ai segni che promettevano cibo, vita, guarigione. Aggiungevano segni. La loro lingua, la loro musica, i segni che certamente si dipingevano o … Continua a leggere
Inchiostri 138. Primo inchiostro leccese / Per Vittorio Bodini
di Antonio Devicienti E il poeta visionario cercò l’ombra dell’olivo nella calura dell’ora meridiana. Attorno era pietra bianca affiorante, conche di terra rossa, radi olivi o fichi. L’aria rovente. Seduto contro il tronco della pianta, dalla veglia meridiana generò il … Continua a leggere
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Inchiostri 137. Quarto inchiostro romano / Scipione
di Antonio Devicienti Era lavica rossa pittura Piazza Navona quei secoli lunghissimi e brevissimi in cui Scipione divorò la vita. Anche sulla Piazza ellittica e colonnata del Bernini e sulle mani rattrappite del Cardinal Decano turbinava il porpora della rivolta. … Continua a leggere
Inchiostri 136. Ferrovia
di Antonio Devicienti Dalla ferrovia il retro delle case, gli orti, lo scarto tra scarpata e recinzioni. Istanti subito scomparsi nella corsa: due sul terrazzo, panni stesi ad asciugare, un triciclo abbandonato. L’andare del treno e il restare delle case … Continua a leggere
Inchiostri 135. Ripensando al poeta Girolamo Comi
di Antonio Devicienti La grande casa si riempiva d’ombra a sera e l’unica lampada accesa era quella sul tavolo dello studio. Qualche volta un amico poeta restava a dormire dopo la giornata di fitte conversazioni, di molte letture. (La grande … Continua a leggere