La cosa peggiore

di Evgenij Permjak


Gianni Mattu: Ragazzo con la fionda (particolare).

Volodja cresceva robusto e forte. Era un ragazzino temuto da tutti. Come si poteva non avere paura di uno come lui? Picchiava i compagni maschi. Alle bambine sparava con la fionda. Faceva le boccacce agli adulti. Al suo cane schiacciava la coda. Al gatto strappava i baffi. Tormentava il porcospino, cacciandolo con una scopa sotto l’armadio. Perfino alla sua vecchia nonna diceva un sacco di insolenze.

Non aveva paura, Volodja, di niente e di nessuno. Non c’era nulla che lo potesse intimorire. Tutto ciò lo inorgogliva, ma non durò a lungo.

Arrivò un giorno in cui i suoi compagni maschi non lo vollero insieme per giocare. Lo abbandonarono, e basta. Lui andò di corsa dalle bambine, ma anche loro, persino quelle più docili e più buone, gli voltarono le spalle.

Chiamò Volodja il suo cane e quello non lo volle nemmeno sentire, scappò via da lui per strada. Cercò allora di giocare un po’ con il gatto, ma il gatto saltò sull’armadio e con i suoi occhi verdi guardò il ragazzino in malo modo. Arrabbiato.

Decise Volodja di richiamare da sotto l’armadio il porcospino. Sì, domani! Il porcospino era andato da tempo ad abitare in un’altra casa.

Volle avvicinarsi, Volodja, alla nonna. Ma la nonna, offesa, non degnò neppure di uno sguardo suo nipote. Stava seduta, povera vecchietta, nell’angolino della stanza a fare la calza e si asciugava le lacrime.

Era successa la cosa peggiore di tutte le cose peggiori che possono succedere sulla terra: Volodja era rimasto solo.

Solo soletto.

[Traduzione dal russo di Tatiana Bogdanova Rossetti]

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