Gli equivoci di Giorgia Meloni sull’euro

di Guglielmo Forges Davanzati

La Destra Italiana a guida Fratelli d’Italia conserva il suo tradizionale scetticismo nei confronti dell’Unione europea. Avvicinandosi questa formazione politica al governo dell’Italia, è opportuno chiarire i termini della questione, a partire dalla constatazione per la quale la sua fondazione per così dire ideologica – Trattato di Maastricht (1991) e Patto di Stabilità, innanzitutto – è di orientamento decisamente ordo-liberista, basata sulla convinzione che un’economia di mercato produce la migliore allocazione delle risorse, che l’inflazione (non la disoccupazione) è il principale problema da risolvere e che l’intervento pubblico è sempre fattore di spreco e fonte di inefficienza. Non a caso, negli ultimi decenni, in Europa, si è registrata una significativa inversione di tendenza della dinamica della spesa pubblica: fra il 1969 e il 1982 la spesa pubblica è passata dal 32 al 42% del Pil nell’intera area OCSE e dal 37% al 50% in Europa, con forte accelerazione, in riduzione, dagli anni Novanta. La crescita europea è stata fortemente squilibrata e accentrata intorno alla Germania, che ha goduto dei vantaggi di una strategia neo-mercantilista: “svalutazione interna”, nell’impossibilità di deprezzare unilateralmente l’euro, tramite riforme del mercato del lavoro e austerità, con aumenti pressoché costanti delle esportazioni nette.

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