di Antonio Devicienti
Esistono toponimi leggendari, colmi del loro stesso nome. Evocano accadimenti, persone, libri capaci di identificare un tempo o una civiltà – e anche la fine d’una civiltà.
Stanze in cui l’estate s’addensò e scrisse.
La scrittura s’ebbe altezze d’alpeggio e vertigini.
Non un solo desiderio d’immortalità fu dimenticato.
Né una sola vibrazione d’una lingua capace di danzare.
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