di Paolo Vincenti
Nei grassi Anni ottanta, mio padre, quasi a festeggiare il sopraggiunto benessere economico, portava d’estate la mia famiglia una settimana in vacanza nei villaggi Mediterranee o Valtur. Ricordo ancora il jingle “La bonne franquette”, composto da un importante impresario discografico, Herbert Pagani, come quello della Valtur, “Canto universale”, cantato anche da Fiorello, che all’epoca faceva l’animatore nei villaggi vacanze, e successivamente dal fratello Beppe, che aveva intrapreso la stessa carriera. Anch’io incontrai il giovanissimo Beppe in uno dei villaggi vacanze, dove lui faceva il capo animazione, non ricordo se a Kerkira in Grecia oppure a Santo Stefano in Sardegna o ancora ad Agadir Marocco. Il jingle è una di quelle marcette simpatiche che ti entrano in testa e non escono più, specie poi se legate ad una periodo bello della tua vita come l’adolescenza. Avevo del tutto dimenticato il nome del compositore di “La bonne franquette”, quando, qualche giorno fa, ascoltando il disco di Giorgio Gaber “L’asse di equilibrio”, ho letto che diversi testi sono stati scritti da Pagani, con musiche di Gaber. Allora mi è tornata in mente la canzone “L’amicizia” che egli compose negli anni Settanta. Succede sempre così, una parola per caso, un verso, una frase, e ti ritornano in mente un buscherio di cose, una suggestione e ti sovviene un episodio del tuo passato che avevi dimenticato o una persona, una voce perduta. Andando a cercare delle informazioni in rete ho appreso che Pagani morì nel 1988 giovanissimo, per via di un brutto male. Ebreo, ebbe grande successo oltre che in Italia, anche in Germania e in Francia.
Fu autore di canzoni impegnate e album apprezzati dalla critica musicale come “Amicizia”, del 1969, “Il Megalopolis”, di stampo progressive, del 1973, e “Palcoscenico” del 1976. “Quasi sempre i suoi brani sono caratterizzati da una precisa ispirazione psicologica e introspettiva, in perfetta continuità e coerenza con la tradizione neorealista francese della quale Pagani è stato, a detta dei critici, in Italia, uno degli interpreti e uno dei divulgatori più raffinati, colti e sensibili” (Wikipedia). Ecologista e pacifista, fu anche deejay e in seguito pittore e scultore. Morì a Palm Beach in Florida dove si trovava per una mostra ma fu portato in Israele peri funerali. Peccato. Avrebbe certamente dato ancora molto alla musica e all’arte.
Che strani i percorsi che portano la memoria a sfarfallare fra passato e presente, e un giorno qualunque, un gesto usato, consueto, ti riporta a panorami lontani, paesaggi esotici, il solito posto che frequenti, ad immagini sfocate che ritornano vive nella mente, scarabattole di emozioni, mode, interessi, viaggi, letture, musiche, percorsi, da tanto lasciati. Erano gli opulenti anni Ottanta, gli anni dell’edonismo reaganiano, della new age, della musica disco, dei villaggi vacanza, tanto che Gianni Agnelli entrò nel capitale del Mediterranee con una significativa quota societaria, di lustrini e paillettes, gli anni in cui il Berlusca lanciava le sue televisioni private e il lavoro ancora fiorente spingeva i consumi e il divertimento. Ora il benessere e il lavoro hanno abbandonato il nostro Paese, i viaggi diventano miraggi, mio padre è invecchiato e non ha più niente da festeggiare, la Mediterranee, creata nel lontano 1950, la prima catena di villaggi vacanze della storia, non è più francese ma è stata acquistata dai cinesi, e anche l’italiana Valtur, è notizia di questi giorni, è in concordato preventivo, praticamente fallita. Che tristezza.