Un’idea di città 11. Un’idea di città: forse sta già nel suo passato!

di Vittorio Zacchino


Pietro Cavoti (attribuito), 1819/ 1890, Edifici medievali di Galatina.

Una città diventa tale quando l’autorità  riconosce  formalmente  ope legis all’agglomerato paese  che ne abbia fatto richiesta, un certo numero di requisiti:  una storia  più o meno secolare, una congrua  popolazione, dei privilegi goduti ab antico, dei manufatti monumentali di pregio, un ruolo economico nel circondario, una serie di personalità che l’hanno  illustrata e la illustrano, e  di cui  i concittadini fanno vanto e si dichiarano orgogliosi.

Città non si nasce, ma si diventa col tempo: lavorando tutti insieme ad un progetto, convintamente condiviso e concordemente portato avanti, mediante la valorizzazione delle tante energie e competenze di cui si dispone.

Un progetto di città deve puntare allo sviluppo civile e democratico della comunità, all’accrescimento progressivo dei servizi, gli incentivi alle imprese, la giustizia distributiva, la qualità della vita, il decoro, l’istruzione, l’offerta culturale, la solidarietà.  I cittadini   liberamente  aggregandosi, si confrontano democraticamente, eleggono un consiglio cui affidano la rappresentatività,  sulla base di un programma  condiviso e concertato, che ci prefigge, ovviamente, l’interesse generale della cittadinanza sovrana. Per legge chi ha maggioranza amministra, chi invece  è minoranza vigila, anche occhiutamente, e controlla. Stando attenti tutti a non indebolire il cemento unificante della “universitas civium”, a non smarrire il senso delle radici, a non rinnegare  ciò che viene dal passato, perché, come ha detto Mario Luzi, “il passato /  è un seme del futuro /  o niente”.

Anche a me l’dea di città fatica a venire.

Eppure,  se penso a Galatina, mi sovviene che essa città lo è già da più di due secoli, precisamente dal 20 luglio 1793, quando Sua Maestà  Ferdinando I di Borbone, accolse la “grazia implorata dall’Università”, avanzata il 24 dicembre 1792, “di dichiararsi questa terra Città”, e  sulla base  dei privilegi e grazie concesse dai sovrani antecessori, i servizi prestati dalla ricorrente, il suo attaccamento alla Corona, la magnificenza del luogo e le prerogative che lo adornano, accordava la grazia implorata e  gliene  spediva il relativo  regio “diploma”.

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