Il fuoco

di Gianluca Virgilio

Gianpiero aveva un KTM 125 da cross su cui scorrazzava per tutta la provincia. Se glielo chiedevi, te lo faceva provare, perché era generoso; ma le occasioni per farlo erano poche, perché Gianpiero era un solitario: lo vedevi arrivare all’improvviso, accompagnato da un rombo assordante, e così se ne andava, senza una spiegazione o un motivo plausibile. Con noi stava per breve tempo, perché eravamo più giovani di lui, ma lo consideravamo ugualmente uno dei nostri, e ne parlavamo come si parla d’un fratello maggiore che per certi versi disapproviamo, ma che segretamente ammiriamo. Si diceva che fosse stato il primo del paese a farsi le pere, quando pochi ancora fumavano.

Quell’estate noi eravamo in campeggio sullo Chalet della Serra. Le guardie municipali ci avevano cacciato via dalla pineta della Montagna Spaccata, minacciando di farci una grossa multa, in un momento in cui non avevamo voglia di grane, e tuttavia ci conveniva cambiare aria. Tre giorni prima, infatti, Giuliano era morto affogato in quelle acque, a cinquanta metri dalla tenda. Era scomparso nell’acqua alle due del pomeriggio dopo aver mangiato un piatto di spaghetti e mezza anguria, e tutti noi l’avevamo visto riemergere dopo qualche ora, prima di sera, gonfio come un pallone, una vescica piena d’acqua marina.

Ci spostammo per fuggire quel fantasma, per continuare il nostro campeggio da un’altra parte. Chi voleva andar via, era libero di farlo; ma nessuno se ne andò.

La sera facevamo grandi raduni intorno al fuoco; venivano a trovarci in molti da Lido Conchiglie, da Rivabella e da Santa Maria al Bagno, per le bevute o le fumate di rito. Noi della tenda non eravamo mai più di sette o otto, ma certe sere ricordo di aver visto intorno al fuoco più di cinquanta persone.

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