Il desiderio di conoscere oltre i limiti dell’umano

di Antonio   Errico


Giuseppe BertiniGalileo Galilei presenta il cannocchiale al doge Leonardo Donati, 1858, affresco, cm 491 x 238. Biumo di Varese, Villa Ponti, Salone d’onore

Una notte di gennaio dell’anno Milleseicentodieci, Galileo riesce ad approssimare lo sguardo alla luna; con il suo cannocchiale vede cose che senza quello strumento non avrebbe mai potuto vedere. 

Il 30 dello stesso mese, a Belisario Vinta scrive che il cannocchiale gli ha fatto ritrovare una moltitudine di stelle fisse e, “quello che eccede tutte le meraviglie”, quattro nuovi pianeti, e gli ha permesso di osservare i loro movimenti propri e particolari “differenti fra di loro et da tutti li altri movimenti dell’altre stelle”.

Con quello strumento, Galileo aveva superato un limite, uno dei tanti limiti che la scienza si pone proprio per essere scienza; uno dei tanti limiti che la scienza supera proprio perché è scienza.

Ora, il telescopio James Webb, con il suo sguardo affondato nella lontananza estrema, potrebbe aver  rilevato una galassia con un’età di 13,4 miliardi di anni, formatasi, quindi, quando l’universo aveva un’età di circa  300 milioni di anni.

Ancora il superamento di un limite. Ancora la scienza che penetra nei segreti dell’universo, e li rivela.

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