di Antonio Lucio Giannone
Il fiore dell’amicizia vide la luce, per la prima volta, nel 1983, sulla rivista “Sud Puglia. Rassegna trimestrale della Banca Popolare Sud Puglia di Matino” (n. 1, pp. 65-114), a cura e con una introduzione di Donato Valli, a cui Antonella (Ninetta) Minelli, la vedova di Vittorio Bodini, aveva affidato il manoscritto del romanzo, rimasto incompiuto e privo di titolo, per la pubblicazione. Nel 1985, insieme ad altri scritti di Bodini e a pagine critiche di Oreste Macrì e Valli, fu raccolto in un volume piuttosto occasionale, intitolato Prose inedite di Vittorio Bodini, che inaugurava la collana “Conto aperto” presso l’Editrice Salentina di Galatina.
Nei primi anni Ottanta si era ancora all’inizio dello studio dell’opera bodiniana. Non si sapeva molto di essa, in particolare della produzione in prosa, rimasta in massima parte dispersa su quotidiani e riviste, e in qualche caso inedita. Come pure si sapeva poco della vita dello scrittore, dei suoi spostamenti, delle varie fasi della sua attività letteraria. Due anni dopo la morte, avvenuta a Roma nel 1970, nella collana “Lo specchio” di Mondadori era apparso il volume Poesie / 1939-1970, con una Introduzione di Macrì, mentre nel dicembre del 1980, in occasione del decimo anniversario della scomparsa, presso le Università di Roma, Bari e Lecce, si era svolto un importante Convegno di studi, i cui Atti furono pubblicati nel 1984 presso Congedo di Galatina col titolo Le terre di Carlo V. Proprio durante questo Convegno apparve, nelle edizioni “All’insegna del pesce d’oro”, il volumetto La lobbia di Masoliver e altri racconti, a cura di Paolo Chiarini, nel quale erano raccolte per la prima volta alcune prove narrative di Bodini.
Un contributo fondamentale per la conoscenza della sua opera fu rappresentato dall’Introduzione di Macrì all’edizione, da lui curata, di Tutte le poesie (1932-1970), apparsa negli Oscar Mondadori nel 1983, nella quale il critico distingueva, fra l’altro, sei fasi nel percorso esistenziale e artistico del poeta. Nel suo acuto scritto introduttivo, qui riprodotto, al quale si rimanda per l’analisi del romanzo, Valli, riprendendo la distinzione di Macrì, sostiene che Il fiore dell’amicizia «per dati interni ed esterni (tipo di scrittura, tematica, stile, testimonianze, pubblicazioni […] può essere attribuito alla prima fase dell’esperienza madrilegna-romana (fine 1946-prima metà del 1947)».