Controdizionario della lingua italiana – Intervista a Graziano Gala

di Adele Errico

Un professore entra in una scuola superiore della provincia milanese, il “Marisa Bellisario” di Inzago. In Lombardia non sempre c’è il sole. Lo immagino, questo professore, entrare in classe, il primo giorno di scuola, forse in una giornata grigia, piovosa, con una nebbia che, “pascolianamente”, nasconde le cose lontane. Incontra gli studenti, incontra i loro sguardi. Questo professore si chiama Graziano Gala. Nato a Tricase, autore di due romanzi, “Sangue di Giuda” (minimun fax 2021) e “Ciabatteria Maffei” (Tetra 2023), si trasferisce in Lombardia per insegnare. Gala comprende che ogni studente contiene in sé un mondo che non sempre, però, può essere raccontato attraverso  l’uso di una lingua, alle volte, estranea. Uno strumento comunicativo in cui si è costretti non sempre rappresenta il canale più diretto col cuore, con i nervi, con lo stomaco. Il “Controdizionario della lingua italiana” (Baldini&Castoldi 2023) è un progetto che nasce a scuola e che, ora, regala parole nuove a tutti i “dispersi della parola”.

Come nasce il Controdizionario?

A me una cosa che terrorizza sono le persone che si parlano e non riescono a capirsi: alzano la voce, dimenticano l’ascolto e infine – disperate –  urlano. Credo si possa morire per molto meno. Nelle classi molte volte troviamo casi simili: parole che cadono, orecchie a fatica, eppure la voglia enorme di comunicarsi qualcosa a vicenda. Io li vedevo usare l’italiano come imposizione, come lingua del padrone, franca e di dogana. Mi sono rivisto alla loro età, quando l’espressione del dialetto era tutta vergogna e misura di un certo tenore sociale. Ho chiesto di raccontarmi uno dei termini che tanto riabilitavano a campanella suonata e così ho fatto io con loro. Altri colleghi si sono prestati, e altre classi, fino a 185 discenti nel tempo – prima siamo stati un piccolo articolo su Treccani e un contributo sul settimanale di Repubblica – diventati poi 215 parole pubblicate da Baldini&Castoldi: quando ha chiamato la dottoressa Sgarbi pensavo fosse uno scherzo. Tante pozzanghere che diventano oceano, alunne e alunni sui quali nessuno avrebbe puntato che finiscono in libreria: io vorrei che la scuola fosse questa cosa qui.

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