W la fica! Divagazioni letterarie su un etimo controverso

di Paolo Vincenti


Fichi, IV secolo, mosaico, Villa del Casale, Piazza Armerina.

È un titolo ad effetto, certo, di quelli che richiamano e spingono alla lettura. Ma non è forse anche quello che da tanti anni fanno a Marittima di Diso con la loro famosa Festa della fica? Una delle sagre più conosciute e frequentate del Salento, quella di Marittima, che si tiene il 17 agosto, quando orde di famelici turisti si portano nel piccolo borgo leucano attirati dalla dolce tentazione. E del resto, in barba al tasso glicemico, chi potrebbe resistere al richiamo di una simile offerta gastronomica in una sagra che esponeva, fino a qualche anno fa, ben ottanta diverse varietà di fico salentino?[1] E poi, a destare la curiosità del turista, ecco quel malizioso richiamo, nel titolo dell’evento, ai piaceri di Venere che, coniugati con quelli di Pomona, creano un connubio certo irresistibile. E come il richiamo delle sirene dell’Odissea, locali e forestieri si lasciano conquistare dalla fragranza di uno dei frutti più buoni che abbia dato la natura. La festa di Marittima non ha mai trascurato nulla e accanto all’aspetto godereccio è presente anche quello culturale se è vero che il comitato organizzatore della sagra affidò nei primi anni Duemila al biologo Francesco Minonne la cura scientifica della manifestazione con convegni e mostre organizzati con la collaborazione dell’Orto Botanico dell’Università del Salento sulle vecchie varietà di specie fruttifere diffuse nel territorio salentino, sulle quali si sono intrattenuti studiosi ed esperti internazionali. E la fragranza delle “fiche” di Marittima ha varcato anche i confini nazionali ed ha portato al gemellaggio del comune di Diso con la cittadina francese di Vèzenobrsès, situata nel dipartimento del Gard, dove a ottobre si svolgono le “Journées mediterranéennes de la figue”[2]

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