Sugli scogli 5. Le furbissime occhiate

di Nello De Pascalis

          Da più giorni persistevano correnti da sud e i mandorli in fiore erano l’unica nota lieta tra alberi nudi e spettrali. Sospinte da vento a raffiche, correvano nuvole basse quel ventidue gennaio. Vedevo la Reggia, l’Aspide, tutta la costa spumare. Cosa non avrei fatto per trovarmi in uno di quei posti, anziché a scuola! Alle 13.50 il suono della campanella mi fece sentire come uccello che scappa via dalla gabbia. Feci tappa a Galatone (mi premunii d’esca) e in dieci minuti fui a casa. Per tutti era una pessima giornata, col rischio di pioggia da un momento all’altro, e quando dissi che sarei andato a pesca, finito il pranzo, unanimi gridarono: “Sei pazzo? Se calma il vento si aprono tutte le cataratte del cielo”. Cercarono di dissuadermi, ma dinanzi alla mia testardaggine, si arresero. “Vengo con te, dammi il tempo di sparecchiare”. Colsi nelle parole di Maria una sorta di protezione materna che m’irritò non poco. Le concessi solo il tempo di prendersi qualcosa da leggere.

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