L’autonomia differenziata, il fisco e la responsabilità delle classi dirigenti nel Mezzogiorno

di Guglielmo Forges Davanzati

Il progetto di autonomia differenziata trova la sua fondamentale motivazione nella tesi per la quale occorre responsabilizzare la classe politica del Mezzogiorno, inducendola a fare uso più efficiente delle risorse pubbliche. Questa tesi suggerisce una lettura dei divari regionali che imputa questi ultimi alla spesa pubblica al Sud, che sarebbe, secondo questa interpretazione, la principale responsabile del cattivo stato di salute delle regioni meridionali. Si stima che, a regime, le regioni meridionali tratterranno sui loro territori un gettito fiscale di circa 10 miliardi.

Vediamo i fatti e soffermiamoci poi sulla logica di queste proposizioni, affrontando due aspetti.

1) Il primo riguarda il nesso fra spesa pubblica e divari regionali. In circa dieci anni, la Germania è riuscita nella storica impresa di ridurre i divari interni fra la parte ovest e la parte est del Paese. L’Italia, invece, li ha visti quasi costantemente aumentare negli ultimi decenni, dopo un breve periodo di convergenza negli anni 1951-1971. Il Pil pro-capite lombardo è stimato pari a 37.300 euro, quello della Calabria a 17.100 euro, quello della Puglia a euro 18.100. La regione più povera d’Europa fa parte della Bulgaria (Severozapen, con un Pil pro capite pari a 8.600 euro). L’aumento dei divari, oltre a riguardare i rapporti Nord-Sud, attiene anche a quelli con le aree interne, che registrano infatti sistematici arretramenti rispetto alle aree urbane in termini di crescita economica. Questa dinamica si è svolta in un contesto di lungo periodo dominato dalla continua riduzione dei trasferimenti al Sud, mostrando che i divari regionali tendono ad aumentare quando la spesa pubblica nel Mezzogiorno si contrae. A riprova di questa conclusione, si può ricordare che il solo periodo di convergenza fra le due aree del Paese si è avuto in una fase non solo di marcata espansione dei trasferimenti nelle aree meno sviluppate (si pensi alla Cassa per il Mezzogiorno), ma anche di industrializzazione pubblica. Si stima, in quella fase (anni Cinquanta-Settanta del Novecento), che il tasso di crescita delle regioni meridionali si attestasse intorno al valore molto elevato del 6% annuo, consentendo una generazione di ricchezza pari, in un ventennio, a quella dei precedenti novanta anni. Il progetto di autonomia differenziata implica, come è noto, che il residuo fiscale sia trattenuto nelle regioni richiedenti l’autonomia e, dunque, impone minori risorse al Sud, dove il gettito è ovviamente più basso. Occorrerà capire, a regime, come e su quali variabili verrà quantificato il fondo perequativo.

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