La libreria di mio padre

di Gianluca Virgilio

Di soldi non ne avevamo mai avuti, ma di libri sì,

sempre di più. Migliaia e migliaia.

Thomas Bernhard, Un bambino.

Da ragazzo, essendo mio padre piuttosto impacciato nei movimenti a causa della poliomielite agli arti inferiori, che lo aveva colpito in età infantile, gli davo una mano per sistemare i libri della sua biblioteca. Ciò accadde in diverse occasioni, soprattutto in coincidenza del trasferimento della nostra famiglia da un casa in affitto a un’altra, e infine alla nostra.  Allora, bisognava collocare i libri nella libreria che un ebanista del paese aveva costruito su ordinazione di mio padre verso la fine degli anni sessanta.

Ma la storia era cominciata qualche anno prima, quando lo stesso ebanista ci aveva fornito la scrivania, su cui mio padre aveva deposto in alte pile i suoi libri; poi i libri erano aumentati di numero, e allora fu richiesto un piano più largo rispetto a quello originale: l’artigiano si mise all’opera, costruendo un piano di lavoro doppio che poteva sostenere almeno un centinaio di volumi. Col passare del tempo, la scrivania-tavolo non bastò più, e molti libri passarono ad occupare le sedie dello studio. Infine, i miei genitori concordarono che finalmente bisognasse comprare una libreria, come sede naturale di conservazione dei libri.

Un pomeriggio, due falegnami ci portarono un grande armadio, che a stento passava dalla porta, e lo misero nello studio, proprio di fronte a mio padre, che sedeva dietro la grande scrivania piena di libri. Fu quella la mia prima volta da bibliotecario. In effetti, cominciai allora a maneggiare i libri, non ancora a leggerli; ma non maneggiamo forse i libri quando ci accingiamo a leggerli?

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