Da uno Zibaldone all’altro

di Annie Gamet

Che cos’è dunque uno Zibaldone?

La parola è intraducibile in francese, pertanto noi la adottiamo così come ci si presenta, dall’attacco energico della Z iniziale fino alla e muta finale, sequenza sonora delle sue tre sillabe, ascendente fino alla sospensione delle due consonanti di mezzo poi prolungata decrescendo fino al silenzio. Facciamola entrare nel nostro vocabolario per ciò che significa in italiano, una sorta di mescolanza di pensieri scritti, dopo che Giacomo Leopardi ha così intitolato il suo giornale intellettuale, voluminoso manoscritto redatto tra il 1817 e il 1832, scegliendo non un termine secco e preciso per significare una realtà limitata, facilmente identificabile, ma una parola poetica, dalla musicalità aperta all’interpretazione, adatta a suggerire il carattere complesso, indefinito, incessabilmente mosso della vita dello spirito e della conoscenza umana.

Gianluca Virgilio ha letto lo Zibaldone di Leopardi, «il più grande poeta che l’Italia abbia conosciuto dopo Dante» secondo Sainte-Beuve stupito della scarsa conoscenza di questo autore in Francia. Egli si è impregnato e nutrito di quest’opera immensa e smisurata, trovando nella scrittura frammentaria del suo illustre predecessore una forma perfettamente adatta all’espressione del movimento del pensiero, un pensiero incessantemente attivo, che dubita, rimette in discussione le certezze acquisite, rifiuta la semplice alternanza del bene e del male, e discute, ricerca, perfeziona, apporta sfumature e dettagli, un pensiero mai definitivo e chiuso in sé stesso. Inoltre, per Gianluca Virgilio, dare il titolo di Zibaldone al proprio giornale di pensieri, significa riconoscere una filiazione e iscriversi in una tradizione letteraria dalla parte di una linea di pensatori non accademici che, per restituire attraverso il linguaggio la singolarità dell’esperienza personale e le riflessioni che essa suscita, sono costretti a inventare la forma scritta.

Contrariamente a Leopardi, il cui enorme manoscritto di più di 4500 pagine non era destinato alla pubblicazione, Gianluca Virgilio spiega che il proprio processo creativo porta con sé come corollario necessario la pubblicazione. Lo fa nel primo frammento introduttivo, in modo da avviare il dialogo col lettore su basi chiare. Questi deve sapere che vi è tutto un processo, una lenta maturazione dal diario, un insieme di appunti disordinati e ripetitivi scritti di getto, incomunicabili, fino ai pensieri scelti e lavorati, così come si possono leggere nello Zibaldone, con la speranza che essi incontrino, in un modo o nell’altro, quelli del lettore.

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