di Simone Giorgino
Come si capisce anche dal libro
che stiamo presentando, Gigi Scorrano è stato sempre in cordiale e partecipe
dialogo con gli scrittori della sua terra, con i suoi compagni di strada, con
chi condivideva con lui la passione, il demone della letteratura. Il suo garbo,
la sua intelligenza, la sua sensibilità – oltre alla sua solida competenza,
ovviamente – hanno rappresentato per molti scrittori e per molti studiosi del
territorio – anche per i più giovani, nei confronti dei quali era sempre
prodigo di suggerimenti – un punto di riferimento certo.
Ora, in questo
mio breve intervento mi occuperò della parte del volume dedicata a scrittori un
po’ più vicini a noi nel tempo, rispetto a quelli presentati poco fa,
egregiamente, dal prof. Giannone. I saggi raccolti in questa ‘seconda parte’
del volume, se vogliamo chiamarla così, sono stati presentati per la prima
volta, fra il 1984 e il 2009, in sedi e in occasioni diverse: sono stati letti
in incontri pubblici, oppure sono apparsi in giornali o in riviste letterarie e
scientifiche.
Gli autori di cui si occupa Scorrano sono
scrittori suoi conterranei, con in quali, in alcuni casi, l’autore ha anche
condiviso un rapporto di prossimità e complicità se non di vera e propria
amicizia: Lucio Romano, Salvatore Toma, Raffaele Carrieri, Ercole Ugo D’Andrea,
Antonio Verri e Antonio Errico, oltre a un intervento, che chiude il libro,
dedicato ad alcuni scrittori, non salentini di origine, che hanno però
descritto in alcune delle loro opere, il nostro territorio, e si propone quindi
come valido repertorio da cui attingere ai fini di una ‘cartografia letteraria’
del Salento.
Nel presentare
ai lettori, spesso a un pubblico nazionale, gli scrittori che ho appena
elencato, Scorrano cerca di cogliere e di restituire la loro figura intera, le
ragioni di fondo della loro ricerca letteraria, la loro idea di letteratura. Anche
facendola reagire con alcune esperienze letterarie più note e perciò meglio
riconoscibili a livello nazionale o internazionale: Romano con Scotellaro; Toma
con Delfini; Carrieri con Palazzeschi e Lorca, D’Andrea con Corazzini e i poeti
fiamminghi; Verri con Joyce, Vittorini e Gadda, per esempio. E, nel farlo, Scorrano
si appoggia sempre al commento di alcuni loro testi esemplari o comunque utili
per sostenere le sue tesi e riconoscere, attraverso quei testi, i tratti che
caratterizzano e illuminano la loro poetica; senza omettere, in certi casi, ma
sempre in maniera costruttiva, alcune perplessità, alcune riserve sugli esiti
meno riusciti.