Andrea Donaera, “La colpa è mia”

di Adele Errico

Il titolo ha il senso di una confessione. Sussurrata, non declamata o urlata alle orecchie di chi, poi, dovrà punire. Una di quelle confessioni fatte a se stessi prima di dormire o con le ginocchia doloranti sulle panche di una chiesa, mentre le labbra si impastano di una preghiera incomprensibile. “La colpa è mia” (Bompiani 2024) è l’ultimo romanzo di Andrea Donaera e, dopo “Io sono la bestia” (2019) e “Lei che non tocca mai terra” (2021) – entrambi editi da NN editore – è la terza “fiaba nera” dello scrittore e poeta salentino.  Al centro sempre l’amore. Al centro sempre la morte. Bruno e Aby – vi lascio con la curiosità di scoprire, con la lettura, l’origine di questo nome – stanno insieme, vivono insieme in una casa in affitto. E Aby sta per morire. Ma quello che accade di incredibile, quando si viene a sapere che si sta per morire, è che, comunque, la vita, finché non si è morti, va avanti. E allora c’è l’affitto da pagare, ci sono i medici da consultare, c’è il lavoro. Bruno e Aby vanno avanti intricandosi e districandosi in questa loro relazione alla quale si è aggiunta questa nuova presenza, il fiato sul collo della morte incombente e a Bruno, che lavora come giornalista, viene affidata un’intervista a “Petrus_Gonsalvus_99”, membro della comunità degli “incel”: “involuntary celibates: uomini che esclusi dal gioco della seduzione fanno dell’odio per le donne la loro livorosa bandiera”. Negli incontri con Petrus, concordati allo scopo di realizzare l’intervista, Bruno prende parte a discussioni sul tema di una solitudine non voluta ma imposta, di un amore che si conosce solo nella sua assenza o – molto peggio – nel riflesso degli amori degli altri, di un odio iniettato dal rifiuto, che cresce e si prende il petto, le viscere, le mani, fino ad ammorbare il cervello. Da un lato c’è Petrus. Ma dall’altro c’è Aby: Bruno un amore ce l’ha. È quella ragazza “dai capelli strani” che si fa le camomille la sera, che studia gli autori americani, che ride a crepapelle se lui dice qualcosa di troppo serio, che si fa i selfie con il volto a metà, che sta per ore nella vasca da bagno. E che sta per morire: “Sarai una persona morta, morta davvero, succederà forse davanti a me, succederà durante una parte di vita vissuta insieme, non in un domani lontano e remoto e fumoso, morirai non come moriranno tutti, no, sarai morta davvero: tra pochi anni, forse mesi”.

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