Il Boschetto di Betulle

di Evgenij Permjak

Viveva nei pressi delle nostre miniere un vecchio molto saggio. Il vecchio faceva dei discorsi molto interessanti. Sapeva narrare poi in modo meraviglioso. Con slancio. Iniziava a parlare come se si trattasse di una cosa da nulla, ma, quando finiva, c’era da impensierirsi. Prendiamo, per esempio, una storiella, che raccontava ogni tanto, di un Boschetto di Betulle. Più la ascolti e più scopri cose nuove, tra le righe, nelle stesse parole.

Se non ci credi, controlla. Te la racconto un’altra volta.

Si spense la calda Estate ardente. Venne l’Autunno affaccendato e, coi suoi venti, si mise a soffiar via dalle Betulle le loro vesti verdi, a raccogliere da loro i semi e a nasconderli nell’umida terra.

L’Autunno finì di spargere la semente, ricoprì con le foglie gialle i semi della Betulla e cominciò ad invitare l’Inverno. Intanto, tra una faccenda e l’altra, anche l’Ortica e la Lappola avevano provveduto alla prole. Avevano seminato i loro semi sotto una coperta di foglie.

Arrivò l’Inverno, distese la sua piuma bianca sopra la terra fredda, proteggendo tutti i semi dai freddi tremendi: «Dormite!»

Dormirono i semi sino all’arrivo della bella Primavera con le sue dolci giornate tiepide e cominciarono a crescere.

La Lappola, brigante, dalla presa salda dacché mondo è mondo, crebbe alta-alta a vista d’occhio. Si aggrappò fortemente all’umido terreno. Mise le radici profondamente. Per quanto riguarda l’Ortica, non c’è neanche da parlarne. Se si lascia a questa arraffona un po’ di libertà, crescerà perfino sulla copertura della casa, da sfacciata.

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