Il sogno futurista di “Mino” Delle Site (parte seconda)

Dal Salento di Geremia Re alle influenze con la Pop-art di Mario Schifano

di Massimo Galiotta


Geremia Re nel 1923.

«Morto Boccioni, morto Sant’Elia […]. Tante vite sono stroncate dalle guerre, la prima, la seconda, Marinetti muore. Mino Delle Site va avanti. Questo il suo segreto, il suo lascito, la sua forza per la storia del Futurismo»[1].

Per comprendere quanto il ruolo svolto da “Mino” Delle Site sia stato fondamentale per il ritorno d’interesse avuto dal «Futurismo» dagli anni Settanta, è dunque necessario soffermarsi proprio sulla perseveranza che il salentino ebbe sin da subito. Parte da Lecce per raggiungere Roma e frequentare l’Accademia di Belle Arti: nel capoluogo salentino è allievo di Geremia Re, «il quale era stato a Parigi e aveva portato questo nuovo soffio di aggiornamento sul piano ideologico ed estetico. Come studente dell’Accademia di Belle Arti – racconta Delle Site – mi interessavo, visitavo mostre, giravo di qua e vedevo di là, non ero uno studentello (Sic.)…; E a Roma il colpo di fulmine, l’illuminazione. Quella che sarà la mia strada: l’incontro col Futurismo»[2].

Un evento dunque decisivo, avvenuto quand’era giovanissimo; il suo esordio è stato senza sudditanze, più che da uno dei padri fondatori del Futurismo (li conosce tutti personalmente) Delle Site è affascinato dal volo, l’aeropittura è il suo spazio espressivo: Prampolini nel 1932 lo definì «interprete della compenetrazione simultanea di Uomo-Macchina-Spazio»[3], collocando definitivamente il salentino in un ruolo di primo piano all’interno del movimento. A questo punto è necessario rilevare come le idee modernizzanti innescate nella prima parte del secolo, non morirono insieme al fondatore Marinetti ma trovarono una nuova e deflagrante espressione artistica nella seconda metà del Novecento.

Pubblicato in Arte | Contrassegnato | Lascia un commento

Sigismondo Castromediano, il duca bianco

di Giuseppe Caramuscio

L’aggiornamento degli studi su Castromediano, oltre ad essere veicolato da lavori collettanei generati dalla collaborazione di competenze specialistiche integrate, ha visto recentemente anche l’uscita di un volume (Alessandro Laporta, Il duca bianco di Cavallino. Nuovi contributi, Quaderni del Centro Studi “Sigismondo Castromediano e Gino Rizzo” 3, Galatina, Mario Congedo Editore, 2013, pp. 136) dalle tematiche più circoscritte ma abbastanza omogenee al loro interno. L’autore della presente pubblicazione, notissimo direttore della Biblioteca Provinciale di Lecce, ci ha da sempre abituati alla presentazione di studi originali, frutto di fertili intuizioni e di un interrotto lavoro di scavo in archivi inesplorati – come quelli privati – o in biblioteche spesso remote dal punto di vista geografico. Non sappiamo se apprezzare, di Alessandro Laporta, più la profonda conoscenza della cultura storica e letteraria dell’antica Terra d’Otranto o la disponibilità con cui egli si mette al servizio della comunità scientifica e della società civile, ai fini della buona riuscita di svariate iniziative culturali. Non sarebbe corretto, tuttavia, rapportare tout court tali tratti alla figura di un generalista del sapere, perché la sua produzione, fondata su una solida formazione umanistico-letteraria, si è progressivamente specializzata dapprima nella disamina critica delle storie municipali e, successivamente, in un’area prossima alla sua professionalità, ossia la storia dell’editoria, disciplina peraltro di cui è stato stimato docente presso l’Ateneo salentino. Al personale approfondimento di Castromediano lo ha condotto, come ci rivela egli stesso nella Presentazione dello stesso volume, l’esigenza, manifestatasi molti anni prima, di conferire una veste editoriale a certi scritti storiografici inediti del patriota salentino.

Pubblicato in Recensione, Storia | Contrassegnato | Lascia un commento

Studi in onore di Antonio Lucio Giannone : il Sud, lo sguardo critico e la modernità letteraria

di Antonio Errico

Il metodo è una strada che si sceglie: una delle possibili strade tra quelle che si aprono quando si incomincia a fare un cammino. Tra le strade che si possono scegliere, ce n’è  una che si chiama passione. Ma non saprei dire se quello della  passione sia un metodo che si sceglie o se da esso si viene scelti. Forse dalla passione Lucio Giannone è stato scelto fin dal principio,  da quando ha compiuto i primi movimenti nei territori dell’indagine letteraria. Allora il titolo che è stato dato agli studi sulla modernità letteraria in onore di Antonio Lucio Giannone, editi dalla Scuola di Pitagora,  a cura di Giuseppe Bonifacino, Simone Giorgino, Carlo Santoli, sintetizza e rappresenta l’esperienza di tutta una vita: “Metodo e passione”.

Probabilmente conviene, preliminarmente, chiarire quello che Lucio Giannone non ha fatto: non ha mai ceduto  alle suggestioni delle mode che sul finire degli anni Sessanta portavano teorie e metodi di critica letteraria senza passarle alla verifica della loro coerenza con i testi. Ne parlò ventitré anni fa Robert Alter, in un libro uscito in Italia con il titolo “I piaceri della lettura”, che nel sottotitolo riportava “Il testo liberato”. Ecco: Lucio Giannone ha lavorato prevalentemente per liberare autori e opere dal rischio del loro oscuramento. Lo ha fatto analizzando e  raccontando i testi nelle loro relazioni,   nei loro contesti, avendo come orizzonte non esclusivo ma connotante uno spazio culturale chiamato Meridione, collocato tra Mediterraneo e Europa, pensati soprattutto come espressioni di civiltà e di storia.  Sud Mediterraneo Europa. Ha ragione il suo (il nostro) Bodini: il Sud ci fu padre e nostra madre l’Europa. 

Pubblicato in Letteratura | Contrassegnato | Lascia un commento

Inchiostri 42. Per Piero Manai

di Antonio Devicienti

Le figure di Piero Manai si tengono la propria testa tra le mani, davanti a sé, dopo averla tolta dal tronco, si direbbe. Oppure la reggono su di una sola mano, contemplandola.

Ma com’è possibile? o è forse la testa a contemplare il corpo da cui s’è separata o dal quale è stata separata?

Sì, è probabile che l’atto sia reciproco.

Le figure di Piero Manai infrangono l’unità del corpo umano ricostituendola in maniera nuova.

C’è un’enorme sofferenza a sottendere questa scissione-ricostituzione: una testa che contiene dolore e che sta separata dal tronco, ma nella reciproca contemplazione tronco e testa riaffermano il loro legame, necessariamente il tronco porta la testa e la nutre, necessariamente la testa è canale per introdurre il nutrimento nel corpo e per guidarne moti e gesti. Si continua il paradosso dell’unione-scissione, del conflitto che può spalancarsi dentro lo stesso soggetto, talvolta si penserebbe alle prime due parti della Blendung di Canetti: testa senza mondo e mondo senza testa, ma le figure di Manai non sono il dottor Kien – le figure di Manai non cedono all’abbacinamento che annienta Kien, anche quando le figure sono solo testa esse non smettono di rendere visibile il loro dolore e il buio che le abita, né smettono di essere paradigmi di una consapevolezza totale del reale, anche quando da Manai stesso quelle figure vengono definite cieche o sorde.

Dipingendo corpi e teste separati tra di loro o solo teste o monoliti oppure corpi deprivati di un arto o gravati da pesi Piero Manai conferma la presenza del corpo al reale e nel reale, insieme con l’autocoscienza di tale presenza.

La testa (la mente) è corpo ed è percezione di sé e del corpo, coscienza di separazione e di unità. Tenersi la testa innanzi a sé significa oggettivare la duplice, coincidente condizione: l’essere separati da sé e dal mondo – coincidere con sé e con il mondo.

Pubblicato in Arte | Contrassegnato | Lascia un commento

James Edward Gobbett. Poesie


Appena pubblicato per i tipi della casa editrice Edizioni d’Arte Dusatti di Rovereto, a cura di Ludmila Vesely Leonardi, il volume, James Edward Gobbett. Poesie, Il libro raccoglie le poesie di James Edward Gobbett, ingegnere di professione, nato a Londra nel 1940. Proprio a Cambridge, durante il periodo degli studi, incontra Paola Vesely della quale si innamora e che diverrà sua moglie. Si trasferisce in Italia e, dopo dieci anni presso una ditta milanese, si sposta per lavoro in molti paesi tra cui Cina, Vietnam, Arabia Saudita, Africa e naturalmente in Europa e a Londra, tenendo come perno Rovereto dove tuttora vive.
Fluttuando tra levità e profondità, le poesie, ordinate secondo la volontà dell’autore, esprimono i pensieri e i sentimenti originati da una vita vissuta intensamente. Traspare, dalla semplicità e chiarezza del linguaggio, l’intima consapevolezza che l’uomo si nutre di amore e affetti, indispensabili per la conoscenza di sé stessi e dell’altro.
Una poesia può essere effimera o duratura.
Durature sono quelle effimere
che parlano di ciò
che si sente un momento
ma che tutti sentiremo
per sempre.

James Edward Gobbett. Poesie
Con i disegni di Beatrice Prosser
A cura di Ludmila Vesely Leonardi
Edizioni d’Arte Dusatti, Rovereto, 2023
Pubblicato in Avvisi e comunicati stampa | Lascia un commento

Mario Castellana, Il surrazionalismo di Gastone Bachelard – Lecce, 20 marzo 2023

Pubblicato in Avvisi e comunicati stampa | Lascia un commento

I benefici economici del salario minimo

di Guglielmo Forges Davanzati

Esiste in Italia una rilevante questione salariale, che fa riferimento a questa evidenza: l’Italia è l’unico Paese dell’Eurozona ad aver sperimentato una riduzione dei salari reali dagli inizi degli anni Novanta, nell’ordine del 2.9%. Il salario medio in Italia è inferiore a quello medio dell’Eurozona. Da uno studio della Fondazione Di Vittorio, condotto da Nicolò Giangrande, emerge non solo che il salario medio italiano è notevolmente inferiore a quello tedesco, ma anche che se si confronta il salario lordo annuale medio del 2021 con quello del 2019 risulta come il divario salariale tra Italia, da una parte, e Francia e Germania, dall’altra, si è sempre ampliato: la differenza con il salario francese è aumentata da 9,8 mila a 10,7 mila e con quello tedesco è cresciuta da 13,9 mila a 15,0 mila euro. A tenere bassi i salari italiani, nel confronto con i principali Paesi europei, è soprattutto l’altissima incidenza, nel nostro Paese, di lavori a bassa qualificazione e anche la quota rilevante di dipendenti a termine (il 16.6% contro l’11% della Germania). È inoltre estremamente più diffuso in Italia il part-time involontario. Si osserva empiricamente il seguente fatto stilizzato: quando in Europa si riducono occupazione e salari, nel nostro Paese si riducono più velocemente e quando i salari crescono in Europa, crescono meno rapidamente in Italia.

Pubblicato in Economia | Contrassegnato | Lascia un commento

La “bella scola” di Aldo Vallone

di Gianluca Virgilio

Nel corso dell’ultimo quarto del XX secolo (dal 1972/1973 fino al 1986/1987), Aldo Vallone ha svolto la sua attività di docente presso l’Ateneo federiciano di Napoli. In quella sede, dunque, è naturale che si siano riuniti i suoi amici, ad un anno dalla morte, avvenuta il 23 giugno 2002, per rendergli onore nell’unico modo che si addice ad uno studioso, esaminando la sua varia produzione critica e letteraria. I risultati di questa riunione sono pubblicati in un bel libro collettivo dal titolo La “bella scola” federiciana di Aldo Vallone, con sottotitolo Storia dialettica della letteratura meridionale e critica dantesca nel secondo novecento, Giornata di studi – Napoli, 12 maggio 2003, a cura di Pasquale Sabbatino, con presentazione di Fulvio Tessitore, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2007, pp. 394, n. 7 della Collana Viaggio d’Europa Culture e letterature, diretta da Sebastiano Martelli e Pasquale Sabbatino.

Dopo la Presentazione di Fulvio Tessitore, il Saluto del Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, Antonio V. Nazzaro, e quello del Direttore del Dipartimento di Filologia moderna dell’Università federiciana, Raffaele Giglio, il saggio d’apertura è affidato a Giancarlo Vallone, figlio di Aldo,  Aldo Vallone giovane, pp. 13-56 (Giancarlo apre e chiude il volume, giacché in conclusione aggiorna ed integra la Bibliografia cronologica degli scritti di Aldo Vallone (pp. 305-365), già edita da Leonardo Sebastio in P. Sabbatino, L. Scorrano, L. Sebastio, R. Stefanelli, Dante e il Rinascimento, Rassegna Bibliografica e studi in onore di Aldo Vallone., Firenze, Olschki, 1994, pp. 7-74), che si conferma qui come il primo esegeta del padre (si ricordi che Giancarlo ha curato gli Scritti Salentini e Pugliesi di Aldo Vallone (Mario Congedo Editore, Galatina, 2003, premettendovi un saggio dal titolo Storia e ricerca meridionale nell’opera critica di Aldo Vallone). Egli ricostruisce la giovinezza del dantista galatinese, dagli studi al Liceo “P. Colonna” di Galatina dei primi anni Trenta alle ricerche dantesche della fine degli anni Quaranta (“Forse è qui” scrive Giancarlo, “in Dante, che termina la giovinezza di Vallone” (p. 347), passando attraverso gli studi universitari a Firenze e a Torino e l’esperienza drammatica della guerra. Giancarlo segue tutto il curriculum paterno, senza dimenticare amici (Farinelli, Pézard, Pietrobono, ecc.) e nemici (“il nemico Russo” p. 346), alla fine congedandosi con parole nelle quali lo zelo dello studioso consuona con l’affetto filiale: “Ricordo sempre mio padre giovane, e non lo era; né so se questo è per virtù mia o sua. E poi, quando finisce la giovinezza? Forse, quando s’imbocca l’ultima via, quella che non s’abbandona più e nella quale s’è giovani sempre” (p. 348).

Pubblicato in Letteratura, Recensione | Contrassegnato | Lascia un commento

Manco p’a capa 133. A chi giova il sistema Italia

di Ferdinando Boero

Nel corso della mia carriera cinquantennale di studente prima, e di docente universitario poi, ho assistito a molte riforme, ognuna peggio della precedente, attuate in base a logiche bislacche.
I laureati sono pochi, rispetto a quelli di altri paesi avanzati! Soluzione: numero chiuso per limitare gli studenti universitari.
I nostri laureati non seguono percorsi di formazione che trovano riscontro nell’offerta lavorativa e non sono competitivi! Risposta del mercato: a decine di migliaia i nostri laureati emigrano verso paesi che sanno che farsene di loro, e che li pagano in modo molto diverso dalle offerte italiche. Se gli altri paesi li prendono, significa che la loro formazione è adeguata alle richieste lavorative. Se noi non li sappiamo assorbire e li paghiamo poco è colpa loro, della loro formazione? Direi di no, visto che all’estero li assorbono e li pagano. I sistemi produttivi italiani non hanno bisogno di laureati o, se ne hanno bisogno, non sono disposti a pagarli adeguatamente.
Il valore di una cosa è determinato dalla volontà di pagare per essa da parte di chi la vuole; se la volontà di pagare è scarsa, si attribuisce scarso valore a quel che si chiede. Se offro 10 per qualcosa, e un altro offre 30, viene soddisfatto chi offre 30: le aste funzionano così.

Pubblicato in Economia, Politica | Contrassegnato | Lascia un commento

Il demone della presenza

di Antonio Prete


Amedeo Modigliani, Jeanne Hébuterne con cappello e collana,
 olio su tela – 164 x 137 cm – 1917

Lungo gli anni, gli alberi risecchirono.

I rampicanti, arsi, si confusero con le pietre.

.

Lei sorride da fotogrammi  sfocati.

Attraversa la piazza, si scosta i capelli dal volto, li raccoglie nel foulard. Ora ha invece gli occhi serrati in un pensiero : il meriggio le sventaglia intorno guizzi di luce. O va con altre ragazze nerovestite lungo case bianche di calce, nella sera che non avrà notte né alba.

.

Dalla riva  la pietra sobbalza sull’acqua,

sfiora schiumando, affonda.

Pubblicato in Poesia, Tutto è sempre ora di Antonio Prete | Contrassegnato | Lascia un commento

Service militaire

di Gianluca Virgilio

« C’est là ce que nous avons eu de meilleur ! » dit Frédéric.

« Oui, peut-être bien ? C’est là ce que nous avons eu de meilleur ! » dit Deslauriers.

Gustave Flaubert, L’Éducation sentimentale.

Aujourd’hui les plus jeunes ne le savent pas, mais il fut un temps où le service était obligatoire. À l’arrivée de la convocation, à moins d’avoir droit au sursis, il fallait, quelle que soit l’activité en cours, tout laisser en plan et se rendre à la caserne indiquée. En ce qui me concerne, c’est dans une caserne de Salerne qu’un mois durant j’allais faire mes classes avant d’être envoyé à ma destination définitive. Faire mes classes, c’est-à-dire subir d’exténuantes marches forcées et d’interminables stations debout, me faire casser les oreilles par un caporal plus puissant qu’un général de corps d’armée, capable de punir pour rien et de me gratifier d’une garde de nuit, d’une privation de sortie, d’une corvée de cabinets, de chambrée, etc. Je me souviens qu’en fin de journée le dernier exercice consistait à décliner sa propre identité à voix haute d’un ton martial devant le caporal : « Soldat Gianluca Virgilio, dixième compagnie, troisième bataillon… » et, pour finir, au garde à vous, il fallait crier : « À vos ordres ! ».

Il se formait de belles amitiés pendant le service, nées du sort commun qu’il nous était donné de vivre. C’est ainsi que le soir, dès que sonnait l’heure du quartier libre, nous quittions la caserne, heureux, et nous nous dirigions vers le centre ville, nous arrêtant à chaque bar que nous trouvions en chemin : il y en avait toujours un parmi nous pour payer un verre ; et comme cela se passait aussi bien à l’aller qu’au retour, en général nous rentrions à la caserne plus qu’imbibés, même si nous tenions toujours sur nos jambes. Si l’on considère le rôle qu’a joué l’alcool dans toutes les guerres pour maintenir au plus haut le moral des troupes, on comprendra mieux comment ceci fut la partie la plus importante de mon instruction militaire.

Pubblicato in Traduzioni di Annie Gamet | Contrassegnato | Lascia un commento

Memorie di Galatina. Mezzosecolo di storia meridionalistica e d’Italia 9. Galatina postfascista (1943-1944-1945)

di Giuseppe Virgilio

Ritratto fotografico di Luigi Vallone

Come in tutti i Comuni italiani, quando un edificio di pensiero si viene sviluppando durante una svolta nella storia, anche a Galatina dopo il 25 luglio e l’8 settembre del 1943 allorché, caduto il fascismo e stipulato l’armistizio con gli alleati angloamericani, incominciano a rifondarsi i partiti, i modi del procedere teorico in un mondo pieno di contrasti, sono stati molti e tutti informati ad una radicalizzazione in apparenza non componibile. Il contrasto ha presupposto un problema di fondo che ci ha coinvolti tutti.

Il fascismo ha abolito l’autonomia del mondo profano fino al punto che tanto la vita quotidiana quanto la cultura effettiva non hanno avuto alcuna libertà; impedite le scelte pratiche degli individui, non è stato possibile il giudizio morale che riguarda appunto i fatti. Per questa ragione dopo il 1943 in tutti i Comuni italiani si apre un grande vuoto di potere, ma contemporaneamente si avverte il senso di una insospettabile vitalità ideologica che esprime esigenze di ritorno ad una cultura prefascista, innestata però in articolazioni organizzative ed elementi ideali di tipo nuovo.

1. Nuovi uomini, nuove idee

La vita provinciale, che fino ai primi anni Quaranta si è mossa nel binario di servitù e paura, comincia a dar segni di risveglio. La lotta delle idee ritorna in mezzo al pubblico.

Il Mezzogiorno non ha mai avuto una rivoluzione antifeudale e la borghesia, velleitaria e servile, è stata incapace di concepire modernamente rapporti sociali in libertà.

A Galatina una ventata di aria fresca e nuova passa con Meuccio Ruini in visita per poche ore nella città. L’uomo, destinato ad un ruolo di grande prestigio nella costruzione della Repubblica come Presidente della Commissione dei 75 che prepara il progetto di Costituzione, è preceduto da una polemica di parte cattolica. E’ iscritto alla Democrazia del lavoro; lo dicono un massone, ma non sanno che nei nove mesi dell’occupazione nazista di Roma, l’uomo ha saputo apprezzare, scomparsi cardinali e vescovi fascisti che hanno esaltato il ventennio, modesti frati e sacerdoti di povere parrocchie che si sono prodigati in opere di carità.

Pubblicato in Memorie, Memorie di Galatina di Giuseppe Virgilio, Storia | Contrassegnato | Lascia un commento

Alla ricerca del tesoro di una civiltà

di  Antonio Errico

Marìa Zambrano, è stata una delle grandi figure intellettuali del Novecento. Nella prima pagina dell’introduzione ad una sua antologia di Seneca, tradotta in Italia da Angelo Tonelli nel 1998, dice che avere una cultura, vivere in una cultura,  significa che la vita personale di ciascuno ha dietro di sé un tesoro alle volte anonimo, alle volte con un nome e un volto. Significa poter ricordare, poter richiamare alla memoria. In un momento difficile significa anche poter chiarire al suo riflesso le nostre angosce e le nostre incertezze.

Il termine tesoro associato al termine cultura può significare molte cose. Per esempio può significare identità, ragione e sentimento di appartenenza ad una comunità, esperienza del mettere in comune passato, presente e ipotesi di futuro; può significare condivisione di storie, speranze, valori, percorsi da intraprendere, direzioni da seguire. Per esempio può significare memoria.

Vivere in una cultura vuol dire poter ricordare, richiamare alla memoria, dice Maria Zambrano. Quindi significa poter avere occasioni di memoria, possedere strumenti per la memoria. Ma a volte si ha l’impressione che le occasioni di memoria si siano ridotte, se non addirittura azzerate, che gli strumenti per la memoria siano quelli prodotti dalla tecnologia alla quale ci stiamo consegnando o ci siamo già consegnati senza condizioni.

Pubblicato in Prosa | Contrassegnato | Lascia un commento

Inchiostri 41. Scrittura e inchiostro

di Antonio Devicienti

Vorrei che questo scritto somigliasse a certi disegni di Richard Serra: materica densità d’inchiostro raggrumato su foglio scabroso e ampio oppure scura traccia ricurva (semplice o raddoppiata o triplicata) – materia che sa farsi poi aerea e lieve – oppure orizzontali tracciati come linee di scrittura.

L’artista sparge sul tavolo i materiali, vi distende un foglio di carta giapponese o indiana fabbricata a mano per il suo recto e, agendo con un blocco d’acciaio o con uno stilo e col peso del proprio corpo, fa imprimere i materiali sulla carta: liberato dal pregiudizio realista o della verosimiglianza il disegno non rappresenta, ma letteralmente è lo spazio del suo farsi, il tempo del suo dispiegarsi, la tecnica stessa della e nella propria esecuzione.

Richard Serra bilancia il proprio peso e la propria forza, li varia e disegna agendo sul verso del foglio: egli dunque immagina e progetta il risultato del suo disegno, agisce sul negativo e sul non ancora visibile del disegno, compiendo un processo di previsione del risultato finale, stabilendo una distanza tra quello che va elaborando mentre agisce sul verso del foglio e il risultato, reso solo alla fine visibile, materializzatosi sul verso del medesimo foglio.

Se allora torno alla scrittura vi scorgo simile abbrivo non lirico e non narrativo, ma materico, costrutto cioè di ritmo e di suoni, creato anche dentro e traverso quello che non si porge immediatamente visibile, ma che, velato e velandosi, riceve forma e senso nel buio.

A Drawing in Five Parts (2005) di Richard Serra ricorda le onde di sabbia mosse dal vento sulla spiaggia di San Francisco (sua città natale) e anche i giardini zen dei templi di Kyoto – ricorda, appunto, o potrei scrivere suggerisce, accenna a, rimanda a: continuamente come scorrendo il disegno (senso nuovo del disegno: antiromantico e antirealista nello stesso tempo) è processo continuamente evidente, continuamente s-velantesi: gioco del rovescio, antidescrittivismo, continua revoca in dubbio, antifigurativismo.

Pubblicato in Arte | Contrassegnato | 1 commento

Il sogno futurista di “Mino” Delle Site (parte prima)

Dal primo Novecento di Vittorio Bodini all’Europa del terzo millennio

di Massimo Galiotta

Percorrendo i sentieri dell’arte, dunque della cultura, si può cedere a tentazioni territorialiste cadendo nella trappola del localismo, rischio ancor più evidente quando si cerca di collocare il Salento in una posizione niente affatto marginale. Il compito di spiegare quanto il territorio salentino sia stato particolarmente predisposto alla ricezione delle correnti europee, sia per l’Ottocento meridionale che per il Novecento italiano, è già da tempo appannaggio di eminenti accademici: opera ardua se contrapposta alla volontà esterofila di ridurre il Meridione e il Salento ad una visione semplicistica, omogeneizzata, con una forte tendenza provincializzatrice. Ma il caso culturale della «terra tra i due mari» è da annoverare tra quei fenomeni specifici delle aree di confine, crocevia e laboratori di modernità. Una cultura quella salentina oggi più che mai consapevole della sua centralità, del proprio ruolo nel panorama europeo, insomma un Salento in periferia ma non di periferia.

Un caso in questo senso indicativo è quello del leccese Mino Delle Site, «aeropittore» futurista, così giustamente definito dalla critica, seppure da un altro punto di vista l’artista Delle Site fu molto di più, cerchiamo di chiarire perché. Ricordando alcune date: risale al 22 settembre del 1929 il «Manifesto dell’aeropittura» pubblicato sulla «Gazzetta del Popolo»[1] di Torino e, a ritroso, al 20 febbraio del 1909 la pubblicazione sul francese «Le Figarò», ancora oggi «atto ufficiale della fondazione del gruppo»[2].

Pubblicato in Arte | Contrassegnato | Lascia un commento

Lo sguardo su Taranto dei grandi viaggiatori

di Franco Martina

L’amor di patria, in questo caso della piccola patria, ha forse spinto Angelo Semeraro ad abbandonare i recinti dell’orto coltivato per più di quarant’anni, la storia della scuola e delle istituzioni educative, per richiamare l’attenzione su Taranto, città natale appunto, a cui ha dedicato un corposo volume (Viaggiatori europei a Taranto, Schena Editore, 2015, pp. 356).

L’interesse di Semeraro non nasce però dalla nostalgia per la grandezza culturale o per la bellezza sfigurata e neanche dalla ricerca di un’identità originaria offuscata o sommersa dai violenti processi di modernizzazione. A interessarlo è il punto di vista ‘altro’, quello dei grandi viaggiatori europei, in cui cercare un confronto per riflettere sulla condizione presente della città, che ha più i tratti della tragedia che del problema economico-sociale. Com’è noto la letteratura dei viaggiatori in Italia,  e in particolare nel Sud, è enorme, come testimonia proprio la collana prestigiosa in cui appare questo volume. Ma Semeraro ha voluto fare una selezione di testi relativi esclusivamente alla città di Taranto. Testi considerarti non di ‘stranieri’ bensì di ‘europei’. E quindi non meraviglia di trovare accanto al filosofo George Berkeley e a Ferdinand Gregorovius anche Piovene e Pasolini. Ma la scelta fatta è veramente ampia, sia in senso temporale, si va dall’inizio del ‘700 alla metà del ‘900, sia per la provenienza dei viaggiatori e, non ultimo, per la loro formazione e per i loro interessi. In effetti, non si può qui neanche accennare alla ricchezza e varietà di osservazioni contenute nei testi.

Pubblicato in Recensione | Contrassegnato | Lascia un commento

Paolo Vincenti, I segreti di Oppido Tralignano


Un immaginario paese del Meridione d’Italia, Oppido Tralignano, fa da sfondo e trait d’union alle storie raccontate in questo libro. I protagonisti sono personaggi bizzarri, disarcionati, tutti in qualche misura insoddisfatti, anche quelli dotati di “superpoteri” o affetti da maledizioni che però non li aiutano a sottrarsi a quel tedio morte e a movimentare la piatta vita che è tipica della provincia. Un miscuglio di generi, dal fantasy al grottesco, dal noir alla parodia, che si inserisce in quel filone letterario che la critica ha definito realismo magico. Nel romanzo breve, diviso in episodi, sono protagonisti uomini e animali e tutti soggiacciono a incombenti metamorfosi sia interiori e dissimulate che esteriori e plateali, sul modello del grande poema erudito dell’antichità Le Metamorfosi di Ovidio. Scoperte sono le citazioni di alcuni personaggi dei fumetti, della tv, della musica leggera, oltre che della mitologia greca e latina, i quali operano insieme ai personaggi della narrazione.

Pubblicato in Avvisi e comunicati stampa | Lascia un commento

Le strane idee del Governo sul patriottismo finanziario

di Guglielmo Forges Davanzati

Sembra che la comprensione del funzionamento dei mercati finanziari sfugga a questo Governo, con conseguenze potenzialmente molto negative per la tenuta del nostro sistema democratico. Ciò per due ragioni: innanzitutto, non ha alcun senso, come verrà mostrato, ipotizzare un ritorno a un’ampia diffusione di detentori italiani di titoli di Stato in assenza della comprensione dei meccanismi macroeconomici globali che hanno portato alla loro riduzione; in secondo luogo, i mercati finanziari contribuiscono, per le ragioni che si vedranno, a uniformare i comportamenti nella sfera politica, rendendo in prospettiva i partiti “uguali” per la direzione della politica economica. Per il primo aspetto, occorre soffermarsi sulla proposta di Giorgia Meloni di “ridurre la dipendenza dai creditori stranieri”, vincolando una parte delle emissioni di titoli di Stato (BtP Italia) all’acquisto da parte di cittadini italiani. Si parta dal dato per il quale, cinquant’anni fa, le famiglie italiane detenevano di norma quote importanti di buoni del Tesoro nel loro portafogli. Furono chiamati “popolo dei Bot”, per una percentuale che, negli anni Ottanta, ammontava a circa il 40% del totale del debito pubblico in possesso di privati. Scese al 33.2% nel 1998, al 17.4% nel 2010, all’8% nel 2022. In più, dal luglio 2022 la BCE ha smesso di acquistare titoli del debito pubblico. In questo scenario, il Governo, a partire dalla prossima primavera, intende favorire l’acquisto di titoli di Stato da parte di cittadini italiani.

Pubblicato in Economia | Contrassegnato | Lascia un commento

Un pomeriggio artistico con Gaetano Minafra

di Gianluca Virgilio

Entrare nella casa di Gaetano Minafra è come entrare in un museo. A me è capitato di recente, in un pomeriggio di febbraio, durante il quale si è realizzato il nostro incontro, già da non poco tempo programmato e procrastinato per gli accidenti della vita – alludo alla pandemia e ai suoi strascichi -, che non sempre fanno andare le cose come vorremmo. Finalmente, salgo la scala della sua casa, una dimora antica sita nella città vecchia, ben restaurata dal sapiente gusto del maestro, tra sculture e oggetti d’arte ben disposti, e lui mi accoglie col sorriso bonario dell’ospite, grato della visita di un amico che non si vede da tempo e col quale si ha voglia di intrattenersi a lungo. Passeggiamo nelle sale c’egli ha allestito in quelli che un tempo erano forse i locali destinati a ricchi granai e depositi di derrate, ora divenuti sale ben illuminate della pinacoteca privata dell’artista, che qui ha esposto molte delle sue opere. Davanti a me sono raccolti e illustrati, in modo coerente e continuo, cinquant’anni di attività artistica. Ci fermiamo sui dettagli d’una figura, su una linea, un colore, un chiaroscuro, un materiale particolare e insolito di cui è fatta l’opera, a lungo prima sognato e poi ricercato, di cui egli è il solo a saper dire la provenienza. Che fortuna avere per guida il maestro, che d’ogni quadro conosce la storia, l’occasione in cui nacque, l’intenzione che vi volle esprimere, le modalità della sua costruzione! Potrei ripetere a parole quanto ho visto, ma la mia pagina apparirebbe inadeguata perché incapace di una traduzione così azzardata. Altri esperti estimatori di Minafra – Raffaele Gemma e Massimo Galiotta, per citare solo gli ultimi – ne hanno parlato con acume e competenza di critici d’arte.

Pubblicato in Arte | Contrassegnato | Lascia un commento

Manco p’a capa 132. La politica italiana spiegata alla luce della biologia

di Ferdinando Boero

Nelle prime votazioni a cui ho partecipato ho scelto le proposte del PCI. Una volta acquisita la consapevolezza della questione ambientale, ho faticato a trovare proposte politiche che la contemplassero. Mi sono avvicinato a Sinistra Ecologia e Libertà per l’Ecologia, ma ho presto capito che era un’etichetta. Non parliamo dei Verdi, una galassia litigiosa e autoreferenziale. L’ambiente è una stella dei 5 Stelle, ma la sostituzione del Ministero dell’Ambiente con quello della Transizione Ecologica è stato un errore, reso madornale dalla scelta di un ministro tecnocrate, con totale negligenza verso le questioni ambientali.
La nostra è una specie animale che vive in un contesto di rapporti con altre specie: possiamo trarre qualche ispirazione dai fenomeni biologici. I licheni, ad esempio, sono il frutto della simbiosi tra un fungo e un’alga. PCI e DC, un tempo avversari, si sono fusi nel PD dopo una serie di stadi larvali, diventando un lichene. Il lichene PD, però, è stato parassitato da un clone di Berlusconi (Renzi) intenzionato a distruggere la sinistra corteggiando l’elettorato di riferimento della destra liberista. La strategia è chiara: chi pensa a sinistra non deve trovare rappresentanza e deve essere disincentivato a votare. Il piano ha avuto successo: un governo di destra votato da una minoranza che si è espressa, e una maggioranza che non si è espressa o si è divisa. Dopo questo capolavoro, Renzi sta cercando di far crescere l’organismo a cui ha dato luce, dopo il quasi annientamento dell’ospite (il PD), in cui ha comunque lasciato i suoi propaguli, pronti ad intervenire in caso di bisogno. C’è stato anche il tentativo di svuotare in modo analogo il M5S, con l’operazione Di Maio candidato nel PD. Ciliegina sulla torta: Casini.

Pubblicato in Ecologia, Manco p’a capa di Ferdinando Boero, Politica | Contrassegnato | Lascia un commento