Per chi e perché torna Dioniso

di Gianluca Virgilio

Scrivo mentre giugno avanza e le festività estive sono alle porte. Un tempo questa era la stagione in cui il morso della taranta mieteva le sue vittime e nei paesi andavano preparandosi i riti riparatori, in particolare il viaggio a Santu Paulu de Galatina, dove le tarantate bevevano l’acqua del pozzo e ricevevano la grazia del Santo. Oggi non viene morso più nessuno, ma nei paesi comitati cittadini ed amministratori si danno un gran da fare per organizzare le feste dei molti santi patroni che scandiranno l’estate salentina. Tra la Chiesa e il palazzo baronale, l’ampia piazza rimessa a nuovo dai lavori di restauro ospiterà “il ritorno di Dioniso”, ovvero tutte quelle “pratiche sociali, soprattutto giovanili, ispirate alla musica (particolarmente quella popolare), alla danza e alla trance…. Ed ecco folte masse di giovani e meno giovani, che affollano piazze, centri sociali, pub, teatri e qualsiasi altra struttura che proponga concerti di musica popolare, tra cui la pizzica, che innesca irrefrenabili momenti di danza collettiva”. Sono parole che traggo dall’Introduzione che Paolo Pellegrino premette alla sua opera di recente ristampata (n. 1 di Eidos, Collana di testi e saggi diretta dallo stesso Pellegrino presso l’Università del Salento, Centro Interdipartimentale di Studi di Estetica) dal titolo Il ritorno di Dioniso con sottotitolo Il dio dell’ebbrezza nella storia della civiltà occidentale, Galatina, Congedo Editore 2008, ristampa della 1° edizione 2003, pp. 168 (la citazione è a p. 16). E’ il cosiddetto fenomeno del “neotarantismo”, “una tendenza che esprime il bisogno di musica “altra”, per nuovi rapporti comunicativi e relazionali, una domanda di danza catartica, fruibile oltre i suoi connotati storici legati alla sofferenza e alla vergogna. Il bisogno, rilevabile in ogni epoca, di liberazione dagli affanni quotidiani e dalle oppressioni di varia natura, viene espresso ancora attraverso e grazie alla musica e alla danza” (p. 16).

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