Una proposta contro la vergogna doppia di Manduria

di Francesco D’Andria

“Da Sparta era giunto in aiuto della sua colonia un esercito guidato dal re della città lacone,  Archidamo, figlio di Agesilao, che aveva subito posto l’assedio a Manduria….” Nel mio libro recente, dal titolo “Messapia Illustrata”, ho ripreso un racconto iniziato vari anni fa, che ha come protagonista il ragazzo Dazimos, il quale, dalle mura di questa città, aveva lanciato contro il re straniero un giavellotto trasformatosi nel fulmine che aveva ucciso il capo del potente esercito spartano, liberando la sua patria dal pericolo. L’esercito nemico, privo della sua guida, rinunciava così all’assedio e, dalle mura di Manduria, “Si sentiva in lontananza solo il luttuoso, ossessivo ritmo dei tamburi, sempre più lontano verso il mare”.

Questa era, fino a qualche giorno fa, nonostante le tristi notizie sugli inquinamenti di mafia al Comune, la mia percezione di questa antica e nobile città dei Messapi, citata da Tito Livio per le ricchezze che i Romani avevano preso durante la conquista della penisola salentina “ibi ad tria milia hominum capta” (tremila prigionieri) e da Plinio, che aveva descritto il suo “lacus ad margines plenus”. Poi in queste settimane la notizia, diffusa capillarmente dai media, sui ragazzini, piccoli mostri incoscienti, che si accanivano contro una povera, debolissima, persona. Guardando le foto di queste giovanissime, “anime morte”, capaci solo di stare attaccate al telefonino e prive della sia pur minima possibilità di elaborare una qualsiasi strategia di rapporti umani e di comprensione del dolore altrui, mi è venuto in mente un libro che avevo letto nella mia adolescenza: “I ragazzi della via Pal” di Ferenc Molnar. Ambientato nella Budapest di fine Ottocento descrive le vicende di quelli che potremmo anche considerare teppisti dell’epoca. Due bande di ragazzini che giocano a farsi la guerra, in due quartieri della capitale ungherese: ma nelle pagine del romanzo si coglie una sottile contestazione del militarismo nell’Impero austro-ungarico, colto nel suo splendido crepuscolo, e poi, dalla narrazione emergono valori come la solidarietà, l’onore, la capacità di impegnarsi per gli altri sino all’eroismo.

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