La Carta Archeologica di Vaste

di Francesco D’Andria

Censimento

Sul colle dove sorgeva Troia

hanno dissotterrato sette città.

Sette città. Sei di troppo

per una epopea.

Che farne, che farne?

[….]

Cresce la nostra dose di antichità,

dentro ci si sta stretti,

[….]

Era così facile non saperne niente,

così tenero, così arioso.

(Wisława Szymborska, Uno spasso, 1967)

Traduzione di Pietro Marchesani

Nei suoi versi la poetessa polacca, Premio Nobel per la Letteratura nel 1996, innumerevoli volte  si interroga sul significato del Tempo e della Storia e le scoperte dell’Archeologia diventano per lei un modo efficace per evocare un Passato che ancora si rivela capace di provocare domande sul senso e sulle contraddizioni dell’ esistenza. Così, in una lingua apparentemente così lontana dalla nostra, si formula il quesito “Co z nimi zrobić, co zrobić”: Che farne, che farne? di queste altre città…di troppo per una epopea.

Ho pensato a questi versi, nello scrivere la presentazione al libro sulla Carta Archeologica di Vaste, curato da Giovanni Mastronuzzi, da Fabrizio Ghio e da Valeria Melissano, e mi sono convinto che gli autori abbiano trovato la risposta giusta, quella cioè di contribuire alla sua salvaguardia, raccogliendo, in modo sistematico e secondo le più aggiornate metodologie cartografiche, tutte le informazioni su questo straordinario centro messapico e sul territorio, considerato nel suo sviluppo diacronico sino all’età medievale. Base di partenza di questo lavoro è stata la Carta Archeologica di Vaste, pubblicata nel 1981 da Gianni Carluccio; al suo entusiasmo si deve l’impulso ad iniziare un progetto sistematico di scavo in questa parte così sensibile della penisola salentina, posta in un entroterra direttamente legato agli insediamenti costieri di Otranto, approdo commerciale dell’Adriatico sino dall’età del Ferro, e di Castro che, in particolare negli ultimi anni, ha restituito i tesori d’arte del suo Santuario di Atena, posto sui “turriti scopuli” del promontorio iapigio.

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